Spiritualità

 

ORIGINI E FINE DELLA VITA

Ci ha creati Dio

Dio è l’Essere perfettissimo ed eterno, pienezza e fonte di ogni bene, creatore e Signore di tutte le cose.

Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita, e goderlo per sempre in Paradiso.

I MISTERI PRINCIPALI DELLA FEDE SONO DUE:

Vi è un solo Dio in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il Figlio, rimanendo vero Dio, si è fatto anche vero uomo, chiamato Gesù Cristo, e come uomo ha patito, è morto ed è risorto per redimerci dai peccati.

I COMANDAMENTI DI DIO

  I CINQUE PRECETTI GENERALI DELLA CHIESA
  1. Partecipare alla Messa la domenica e le altre feste comandate.
  2. Santificare i giorni di penitenza, secondo le disposizioni della Chiesa.
  3. Confessarsi almeno una volta all’anno, e comunicarsi almeno a Pasqua.
  4. Soccorrere alle necessità della Chiesa, contribuendo secondo le leggi o le usanze.
  5. Non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti.
I  SETTE SACRAMENTI ISTITUITI DA GESÙ CRISTO:

“I sacramenti sono segni esteriori della grazia interiore, istituiti da Cristo per la nostra santificazione”. La Chiesa Cattolica Romana insegna che sebbene Dio faccia grazia all’uomo senza simboli esteriori i (sacramenti), Egli ha scelto anche di fargli grazia mediante simboli visibili. Poiché Dio ha fatto questo, l’uomo è stolto a non far uso di questi mezzi provveduti da Dio per raggiungere la santificazione.

Per poter qualificare un sacramento, la Chiesa Cattolica Romana afferma che esso deve soddisfare i tre seguenti criteri: a) quello esterno, ossia un segno percettibile e sensibile della grazia santificante; b) il conferimento della grazia santificante; c) l’istituzione da parte di Dio o, più esattamente, del Dio-Uomo Gesù Cristo. Pertanto, i sacramenti non sono semplicemente dei simboli, ma si crede che conferiscano effettivamente in chi li riceve la grazia santificante. La Chiesa Cattolica Romana crede che tutti i suoi sette sacramenti siano stati istituiti dallo stesso Cristo. Ci sono sette sacramenti cattolico-romani, che sono i seguenti:

1) il Battesimo, che secondo l’insegnamento della Chiesa Cattolica Romana rimuove il peccato originale infondendo contemporaneamente la grazia santificante;

2) la Penitenza, in cui si confessano i propri peccati a un sacerdote;

3) l’Eucaristia, considerata l’accoglienza e la consumazione del corpo e del sangue di Cristo veri e propri;

4) la Confermazione, un’accoglienza formale nella chiesa insieme a un’unzione speciale dello Spirito Santo;

5) l’Unzione degli infermi o Estrema Unzione, applicata a un moribondo per il rafforzamento spirituale e fisico in preparazione al cielo. Quando è unita alla confessione e all’Eucaristia, essa rientra nei “conforti religiosi”;

6) l’Ordine Sacro, il procedimento mediante cui alcuni uomini sono ordinati al clero;

7) il Matrimonio, che fornisce una grazia speciale a una coppia.

Di seguito ci sono i versetti comunemente citati a sostegno delle credenze cattolico-romane rispetto ai sacramenti: “Per questo motivo ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante l’imposizione delle mie mani” (2 Timoteo 1:6). “Gesù rispose: ‘In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio’” (Giovanni 3:5). “Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, mediante il bagno della rigenerazione e del rinnovamento dello Spirito Santo” (Tito 3:5). “Cristo ha amato la chiesa e ha dato sé stesso per lei, per santificarla dopo averla purificata lavandola con l’acqua della parola” (Efesini 5:25-26). “A chi perdonerete i peccati, saranno perdonati; a chi li riterrete, saranno ritenuti” (Giovanni 20:23). “La preghiera della fede salverà il malato e il Signore lo ristabilirà; se egli ha commesso dei peccati, gli saranno perdonati” (Giacomo 5:15). “Quindi imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo” (Atti 8:17). “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda” (Giovanni 6:54-55).

Considerando i precedenti versetti, potrebbe sembrare che i sacramenti possano comunicare di per se stessi qualche beneficio (come la vita eterna, il perdono dei peccati, la presenza dello Spirito Santo o la Sua potenza o qualche dono spirituale per il servizio, ecc.). Tuttavia, quando sono presi nel contesto della Scrittura nel suo insieme, non esiste alcun fondamento per credere che Dio abbia mai voluto che questi passi fossero presi a sostegno di riti come mezzi per comunicare la grazia santificante. In altri termini, il concetto stesso di “sacramenti” che comunicano la grazia salvifica nelle persone è antiscritturale.

Ci sono due dei sacramenti principali di cui è detto specificamente dalla Chiesa cattolica Romana che è necessario prendere per ottenere la vita eterna: il battesimo e la comunione. A causa della dottrina cattolico-romana secondo cui il battesimo è necessario per la salvezza, i cattolici sostengono che sia importante battezzare i bambini. Ma mai nella Scrittura riuscirai a trovare nemmeno un singolo esempio o un comando di farlo. Alcuni cattolici romani utilizzano Atti 16:33 come un possibile esempio perché vi è detto che furono battezzati il carceriere di Filippi “con tutti i suoi”. Ma prendendo questo versetto nel suo contesto, notiamo due cose:

(1) Quando il carceriere chiese a Paolo che cosa dovesse fare per essere salvato, Paolo NON disse: “Credi in Gesù, sii battezzato e prendi la comunione “. Invece gli disse: “Credi nel Signore Gesù, e sarai salvato tu e la tua famiglia” (v. 31). Perciò, vediamo che è la fede l’ingrediente necessario per la salvezza. Era sottinteso che chi credeva fosse battezzato, ma il battesimo non era necessario per la salvezza. Se lo fosse stato, Paolo vi avrebbe dato più peso nei suoi viaggi missionari (1 Corinzi 1:14-18).

(2) Vediamo che “i suoi” non avrebbero potuto includere bambini o neonati, in quanto al versetto 34 è detto che il carceriere “si rallegrava con tutta la sua famiglia di aver creduto in Dio”. I bambini e i neonati non possono esercitare fede in Dio in quel modo.

Continuamente in tutta la Scrittura, è la fede, non la fede PIÙ il battesimo, ad essere considerata il mezzo mediante cui si riceve la salvezza (Giovanni 1:12; 3:14-16; Efesini 2:8-9; Romani 3:19-26; 4; 10:9-13; ecc.).

Passando alla comunione, la Chiesa Cattolica Romana dice chiaramente di interpretare letteralmente Giovanni 6:53 quando Gesù dice: “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete vita in voi”. Il problema è che la dottrina cattolica secondo cui qui Gesù stia parlando letteralmente non è in armonia con il contesto del passo in cui Gesù afferma ripetutamente l’importanza della fede in Lui e della Sua imminente morte espiatrice per i loro peccati (cfr. Giovanni 6:29, 35, 40, 47 e come questi passi siano in armonia con l’intero messaggio del Vangelo di Giovanni così come è dichiarato in Giovanni 20:31).

Quando si esaminano gli altri sacramenti nel loro contesto, si scopre che la dottrina secondo cui essi comunicano la “grazia santificante” non è in armonia con il contesto del resto della Bibbia. Certo, tutti i cristiani dovrebbero essere battezzati, ma il battesimo non infonde in noi la grazia. Certo, tutti i cristiani dovrebbero partecipare alla Cena del Signore, ma farlo non conferisce la grazia santificante. Certo, dovremmo confessare i nostri peccati, non a un sacerdote, quanto piuttosto a Dio (1 Giovanni 1:9). Fare un programma formale di addestramento e un’accoglienza formale nella chiesa è una buona cosa, ma non conferisce la grazia salvifica. Essere approvato come un conduttore ecclesiale è una cosa che fa onore, ma non sfocia nella grazia. Il matrimonio è un avvenimento meraviglioso e benedetto nella vita di una coppia, ma non è il mezzo che Dio usa per farci grazia. Pregare per e con una persona che sta morendo e stare insieme a lei è una cosa santa, ma non aggiunge grazia al tuo conto.

Tutta la grazia di cui avremo mai bisogno si riceve al momento in cui una persona si affida a Gesù, per fede, come Salvatore (Efesini 2:8-9). La grazia salvifica che viene accordata al momento della fede genuina è l’unica grazia salvifica che la Parola di Dio ci inviti a ricevere. Questa grazia si riceve per fede, non osservando dei riti. Perciò, sebbene i sette sacramenti siano delle “buone cose da fare”, quando sono compresi nel loro contesto biblico si comprende che il concetto secondo cui essi “conferiscono la grazia santificante” è completamente antiscritturale.

 

Quali sono i 7 doni dello Spirito Santo?

La nostra vita può essere paragonata ad una barca priva di motore e spinta a fatica a remi dai rematori, ma se si aggiungono delle vele gonfiate dal vento, tutto diventa molto più semplice. Noi siamo i rematori, i remi rappresentano il nostro impegno di vivere, le vele rappresentano i doni dello Spirito Santo e il soffio del vento è lo Spirito Santo.

Quanti e quali sono?

I doni dello Spirito Santo sono tradizionalmente sette perchè sette è uno dei numeri simbolici della Bibbia che rappresenta molte cose, ma essendo essi un regalo che Dio ci fa possono essere infiniti.…
Il dono del consiglio ci aiuta a scoprire il progetto d’amore che Dio ha su di noi e la strada giusta per realizzarlo. Questo dono agisce in noi in due modi: ci fa diventare consiglieri per gli altri, in particolare rendendoci in grado di trasmettere le nostre esperienze di fede, ma ci fa anche riconoscere bisognosi di consigli nelle quotidiane scelte che la vita ci mette davanti, ovviamente attraverso la preghiera.
È il dono del coraggio, della costanza, della tenacia: uno scrittore dei primi secoli del Cristianesimo paragonava lo Spirito Santo all’allenatore e l’allenatore, si sa, prepara alla fatica. Anche questo dono ha due dimensioni, quella passiva ci aiuta a resistere agli attacchi del male, mentre quella attiva è la forza d’attacco per vincere il male con il bene. Alcuni ideali propostici dal Vangelo sembrano irraggiungibili, per questo se vogliamo davvero viverli, dobbiamo essere umili e chiedere l’aiuto dello Spirito Santo tramite il dono della Fortezza.
Il dono dell’Intelletto ci aiuta a non essere superficiali, ma ad arrivare al cuore delle cose. Questo dono può agire in diversi modi:può darci la capacità di conoscere noi stessi e affrontare coscientemente ciò che in noi non va, oppure di conoscere e capire a fondo gli altri, ma può essere anche l’intelligenza spirituale per leggere la Bibbia fra le righe e ricavarne un nutrimento di vita. E’ il dono della “profondità” contro la “superficialità”, dell’”essere” contro l’”apparire”…
Il nome di questo dono non ha nulla a che fare con il senso negativo che gli attribuiamo noi oggi ma è strettamente legato al termine latino “pietas”, l’amore famigliare tra i genitori e i figli.
La Pietà è il dono che ci aiuta a credere sul serio che Dio è Padre e ci ama, ci dà forza, pace e gioia. Il dono della Pietà porta a fidarci di Dio con lo stesso abbandono di un bambino che si sente sicuro tra le braccia di papà e mamma anche quando è sospeso sul vuoto.
La Sapienza è il dono che ci concede il gusto della conoscenza del creato e quindi del suo Creatore, Dio, per conoscerlo e amarlo. Essa ci aiuta soprattutto a saper distinguere il bene dal male. La Sapienza può nascere in noi solo come dono di Dio perchè ha Dio come origine e come fine: Dio ama me, io amo Dio. E’ questa una relazione che non nasce dalle nostre forze, ma che c’è stata regalata!
Questo dono può essere espresso anche col termine “conoscenza” che nella Bibbia significa anche “amare”. Chi ama capisce meglio, capisce prima, capisce di più. Il dono della Scienza insegna ad amare una persona se la si vuole capire e anche Dio lo si comprende solo amandolo. Mentre nel nostro linguaggio “scienza” significa conoscenza umana di tipo tecnico, mediante la quale si arriva a dominare il mondo, nel linguaggio biblico “Scienza” è la capacità di conoscere il mondo, senza dominarlo, ma, al contrario, riconoscendo Dio come Creatore. Scienza dunque è la luce per vedere nelle cose e nelle persone la bellezza e la potenza di Dio, ma è anche la conoscenza che scaturisce dall’amore: il cuore che ama comprende più della mente. Il cuore si apre alla fiducia in Dio e accetta anche ciò che non si capisce (prove e dolore).
Il dono del Timore ci fa diventare consapevoli della grandezza di Dio, Egli è buono, ma è anche forte e potente. A lui si devono rispetto e ubbidienza: Dio non si può prendere in giro. Il Timor di Dio ci è donato anche per ricordarci che non possiamo fare sempre quello che ci pare e piace perchè non siamo noi i padroni del bene e del male, quindi non possiamo far diventare giusto ciò che è ingiusto, lecito ciò che è illecito. Timor di Dio non è affatto paura di Dio, ma è rispetto e stima verso di Lui, se ci può essere sfumatura di paura deve essere quella di perdere Dio o di offenderlo. Il Timor di Dio mira inoltre a ricordarci un dovere molto importante: il dovere di non dire stupidaggini su di Lui.
Ama la vita.
La tua vita è Dio
la tua vita è cristo,
la tua vita è lo Spirito Santo

In principio gli angeli potevano avere la barba.

Sembrerà strano al nostro mondo cattolico che li raffigura da secoli come giovani e meravigliose creature alate, glabre e bianco-vestite, ma la credenza in messaggeri di Dio o degli dei con sembianze diverse dai nostri, risale a molti secoli prima che Cristo portasse sulla terra la sua Buona Novella. Cinquemila anni fa, già ai tempi remoti delle civiltà mesopotamiche – ossia le terre tra il Tigri e l’Eufrate – sumeri, assiri e babilonesi pensavano che le divinità più importanti si avvalessero dei Sukkal, spiriti intermedi che annunciavano agli umani la loro volontà. Questi esseri potevano essere maschili o femminili, benefici o malefici. Al giorno d’oggi il più noto è senza dubbio Pazuzu, diventato una star dopo il film “L’esorcista” e i gruppi musicali black Metal. Il suo aspetto ci viene mostrato da una statuetta in bronzo conservata al museo del Louvre: un tipo piuttosto bruttino, con muso di cane e zampe di leone, zanne affilate, un pene a forma di serpente e le ali. Addetto alle tempeste, aveva anche funzioni apotropaiche e poteva intervenire per allontanare gli spiriti maligni che causavano le malattie, in particolare una demonessa che attaccava mortalmente neonati e donne in gravidanza.

In Mesopotamia si credeva anche negli Shedu e Lamassu, spiriti custodi che venivano posti all’ingresso dei palazzi ed erano in forma di tori alati dal volto coperto da una vistosa barba, forse per unire in sé stessi la forza del grosso mammifero, le ali di un angelo e la saggezza del re governante. Infine non va dimenticato tra le moltissime altre divinità minori il Kerub, quello che noi conosciamo come Cherubino e che nel libro della Genesi è messo a guardia delle porte del Paradiso terrestre.

Tutta l’area dell’Asia Minore e dell’antico Egitto fu in antichità sede del culto angelico. La stessa parola angelo deriva dal latino angelus, traslitterazione della parola greca “ànghelos”, a sua volta traduzione dell’ebraico “mal’akh” che significa “inviato”, “messaggero”, “servitore”. Questi spiriti accompagnavano l’uomo nella vita e nell’aldilà esattamente come viene insegnato dalla religione cristiana. Li troviamo anche nello Zoroastrismo, la religione fondata dal profeta iranico Zarathustra tra il X e l’VIII secolo a.C. e basata sullo scontro cosmico tra il bene e il male, estremi tra cui l’uomo è obbligato a scegliere. Nella Grecia antica due divinità in particolare avevano la funzione di messaggeri, Hermes e Iris, anche se bisogna ricordare che il dio alato non era proprio uno stinco di santo perché oltre ad essere un inventore (a lui si deve la lira, ricavata dal guscio di una tartaruga), patrono degli atleti, dei letterati e dei commercianti, era pure il protettore dei ladri e degli imbroglioni. E non si pensi che le idee sui messaggeri fossero esclusivamente prerogativa del popolino, anzi: ci credevano fior di filosofi, da Talete a Eraclito, da Platone a Filone di Alessandria. Nella sua “Apologia di Socrate” Platone – raccontando il processo al suo maestro – gli fa parlare in pubblico del suo daimon, un guida divina che lo assiste in ogni decisione e di cui dice:” E’ come una voce che io ho dentro sin da fanciullo, la quale, ogni volta che si fa sentire, sempre mi dissuade da qualcosa che sto per compiere”. Questo pensiero dichiarato pubblicamente, lo portò alla condanna a morte con l’obbligo di bere un calice di mortale cicuta.

Gli angeli sono presenti in tutte e tre le cosiddette “religioni del libro”, ebraismo, cristianesimo ed islamismo. Nell’Antico Testamento, una pletora di angeli vola – si potrebbe dire – lungo moltissime pagine, occupandosi tra l’altro: di introdurre la presenza di Dio come nel sogno della scala di Giacobbe; di annunciare nascite miracolose a donne ormai vecchie e sterili oppure vergini (è il caso di Abramo e della moglie Sara e di Sansone il liberatore di Israele); di istituire un servizio di pony express portando al profeta Elia scappato nel deserto, una brocca d’acqua e una focaccia talmente energetica da farlo camminare di seguito quaranta giorni e quaranta notti; di salvare gli israeliti dalla crudeltà del re babilonese Nabucodonsor (nel libro di Daniele il profeta esce senza un graffio da una fossa piena di leoni), di condurre il giovane Tobia nella Media (una vasta regione situata nell’antica Persia) per riscuotere un debito per il padre. E’ qui che ci vengono presentati per nome i tre arcangeli, Gabriele, Michele e Raffaele; del secondo addirittura si descrive l’aspetto: vestito di lino, con una cintura d’oro, il corpo come un crisolito (una pietra semipreziosa), gli occhi fiammeggianti, le braccia e i piedi come di rame. Molto più tardi, questo strano arcangelo simile a un campionario minerale indosserà l’armatura come si può vedere in molte opere d’arte antica. Queste creature non sono sempre benefiche: nell’Esodo un angelo sterminatore uccide i primogeniti degli egiziani, compreso quello del faraone, mentre nel libro di Samuele diffonde la peste in Gerusalemme.

Nel Nuovo Testamento gli angeli – che Cristo dice essere asessuati – sono molto numerosi. La breve vita di Gesù è accompagnata dalla loro presenza: dal concepimento miracoloso, alla nascita, alla tentazione, alla resurrezione, quando un angelo fa rotolare la pietra del sepolcro, ci si siede sopra e annuncia a Maria di Màgdala e a un’altra Maria che Gesù non si trova più nella tomba, esortandole ad andarlo cercare in Galilea. Detto così sembrerebbe che i poteri degli angeli siano illimitati ma, per quanto superiori all’uomo, essi mancano dell’onnipotenza che spetta solo al Creatore. Per noi umani la loro funzione più importante è quella di custodi, accompagnandoci e proteggendoci lungo le strade della vita e durante il momento del trapasso, una verità di fede per la Chiesa cattolica che ha dedicato a questi spiriti benevoli una festa che cade il 2 ottobre.

Molto importante per l’angelologia è anche il Libro di Enoch del primo secolo a.C. che la Chiesa considera un apocrifo, ossia un testo che non fu inserito nel Canone dei libri sacri, ma che è una vera e propria miniera di notizie. Ci informa infatti (cosa che la Genesi non fa) che Dio creò gli angeli nel primo giorno assieme al cielo, alla terra, alla luce e alle tenebre. Dopo che gli esseri umani popolarono il pianeta, duecento angeli, avendo visto come erano carine le ragazze di quaggiù, decisero di sposarsele suggerendo loro come truccarsi e “tingersi le ciglia” e spiegando il valore dell’oro, dei gioielli e delle pietre preziose. Non contenti di ciò insegnarono agli uomini come praticare magia e astrologia e fabbricare armi e armature, con l’inevitabile conseguenza che quelli cominciarono ad ammazzarsi tra di loro. I figli nati da queste strane unioni tra l’umano e lo spiritico erano giganti alti tremila cubiti (un cubito equivaleva a mezzo metro) e perennemente affamati, al punto da depredare i raccolti e mangiare tutti gli animali che incontravano compresi i serpenti. Da quel primo peccato il male si diffuse a macchia d’olio sulla terra.

Anche la Bibbia parla di angeli caduti: oltre al famoso serpente di Adamo ed Eva, l’Antico Testamento nomina in particolare Lucifero in alcuni versetti che sono diventati celebri: “Come mai sei caduto dal cielo/astro mattutino, figlio dell’aurora?/Come mai sei atterrato/tu che calpestavi le nazioni? “ (Isaia, 14, 12) Un altro spirito maligno, Satana, compare nel Libro di Giobbe in cui Dio permette che al poveruomo capitino disgrazie terribili come la morte di tutti i figli, la perdita dei beni e – per non fargli mancare niente – una malattia che lo ricopre di pustole pruriginose dalla testa ai piedi. Granitico nella sua fede (“Il signore ha dato, il Signore ha tolto”) Giobbe accetta la sua malasorte e per premio viene reintegrato abbondantemente di tutto quello che gli è stato sottratto. Su come e dove collocare questi due esseri malvagi non tutti sono d’accordo, né io mi addentrerò in complicatissime questioni teologiche. Basti dire che secondo la Chiesa cattolica i due nomi apparterrebbero a un’unico spirito: Lucifero sarebbe uno degli epiteti del principe dei demoni, detto anche Satana, termine ebraico che sta per avversario, tradotto anche con un sinonimo di derivazione greca: Diavolo, ossia colui che divide.

Le nostre Sacre Scritture parlano degli angeli facendoci intendere che sono legioni, senza però sistematizzare la loro organizzazione gerarchica. Ci pensò nel V secolo un anonimo filosofo neoplatonico a noi noto come Pseudo-Dionigi l’Areopagita, che tra i suoi scritti ne ha lasciato uno, la “Gerarchia celeste” accolta nella “Summa” di Tommaso d’Aquino e naturalmente dalla Chiesa di cui il santo è uno dei principali pilastri teologici e filosofici. Secondo Dionigi le entità celesti sarebbero divise in nove ordini a loro volta ripartiti in tre ordini maggiori, la cui conoscenza delle cose divine e la cui importanza crescono a seconda della loro vicinanza al Creatore: nel primo e più alto sono insediati i cosiddetti Troni, i Cherubini e i Serafini; nel secondo dimorano Potestà, Dominazioni e Virtù, nel terzo gli Angeli, gli Arcangeli e i Principati. Tra le Intelligenze ultraterrene gli angeli sarebbero i più vicini agli esseri umani e sono – dice sempre l’Areopagita – “diecimila miriadi”. Nell’arte questi spiriti vengono rappresentati in modi diversi, e anche se – in particolare quando parliamo di Cherubini – ci vengono in mente i famosissimi angioletti grassocci che Raffaello ha dipinto nella pala della Madonna Sistina, nelle opere bizantine e medievali sono descritti come composti da un numero variabile di ali che nascondono il corpo lasciando in vista solo un volto umano. Gli angeli supremi sono in perenne movimento: nella Divina Commedia e in particolare nel Paradiso, Dante rappresenta i cori angelici composti non da bimbetti alati, ma da creature potenti, che ruotano in nove cerchi concentrici attorno a un punto luminoso di luce abbagliante, il Creatore, mossi dall’unica forza dell’Amore, e sono tanto più veloci quanto sono più vicino a Dio. Nel XVI secolo la Riforma protestante – che si rifaceva alla Bibbia – dichiarò che gli angeli non dovevano essere adorati in quanto il sacrificio di Cristo aveva annullato la barriera che essi formavano tra l’uomo e Dio. Essi però proteggono l’uomo giusto e così facendo compiono il loro celeste dovere.

Laspetto più pauroso degli angeli lo troviamo nel libro dell’Apocalisse, una serie di visioni sulla fine del mondo e la sconfitta definitiva del male, che secondo la tradizione avrebbe avuto l’apostolo Giovanni quando si trovava esiliato sull’isola greca di Patmos. Gli angeli sono menzionati 67 volte, solitamente a gruppi e con compiti ben definiti: introdurre i famosi e terribili Cavalieri che portano guerra, carestia e peste; annunciare alle varie comunità cristiane dell’epoca il giudizio divino, suonare le trombe che annunciano catastrofi tipo arrotolamento del cielo su sé stesso, caduta degli astri e subito dopo di una montagna (l’evangelista non era molto ferrato in astronomia); tempeste di acqua, fuoco e sangue, epidemie, piaghe; terremoti e avvelenamento delle acque, senza farci mancare la solita invasione di rane e locuste. Versare infine le sette coppe dell’ira di Dio conformi a un ulteriore gruppo di tremende sciagure.

Per ultimo, la religione islamica riconosce l’esistenza degli angeli che però non devono essere adorati dai credenti. Il Corano ne indica alcuni nomi, ma li distingue dai dijnns – geni che ricordano i Lari del mondo classico – e dai demoni, detti shayatin. Il Profeta ha avuto la rivelazione da Jibril, Gabriele, il maggiore fra tutti. Sono sì nostri custodi, ma anche messaggeri, e hanno l’incarico di far rapporto su di noi ad Allah alla nostra morte, raccontando per filo e per segno quello che abbiamo combinato di bene e di male in vita.

 

Come vivere il tempo di Quaresima

Quaresima 2021

Assicuriamoci di aver capito come vivere bene questo periodo

“Papà, pensavo che avrei avuto vent’anni per sempre, ma poi ne ho compiuti 27…”

È una parte di una conversazione che ho sentito di recente. Anch’io una volta ero ventenne, e pensavo che fosse una cosa “standard”; poi è arrivato il primo capello grigio…

Penso a questo all’inizio della Quaresima. Ci sono molti modi per vivere male la Quaresima – modi dannosi –, ma ce ne sono anche molti per viverla bene, modi spesso trascurati o dimenticati nel corso degli anni.

Crescendo, ricordo di aver sentito altri bambini al catechismo parlare di quello a cui avrebbero rinunciato per la Quaresima. Si diceva che come cattolici dovessimo privarci di qualcosa che ci piaceva perché… beh, non riesco a ricordare che nessuno ci abbia spiegato perché, né che qualcuno abbia insistito per ricevere una spiegazione. La maggior parte dei bambini che conoscevo selezionava una ristretta serie di dolci a cui avrebbe rinunciato, ad esempio non tutta la cioccolata, ma quella con le mandorle. Non so se un approccio di questo tipo sia stato benefico per qualcuno, ma so che tutti sembravano felici alla fine della Quaresima. È il meglio che possiamo fare?

Ricordiamo il Mercoledì delle Ceneri. Di recente, una delle formule usate durante l’imposizione delle ceneri è “Convertiti e credi al Vangelo”. Niente da obiettare, ma coglie davvero l’idea? Una formula precedente adotta un approccio diverso: “Ricorda che polvere sei e polvere tornerai”. Colpisce, vero?

Soprattutto in circostanze di comfort e sicurezza relativi, la gente ha bisogno di sentirsi ricordare la propria mortalità. Crescendo, i bambini potrebbero avere una consapevolezza astratta della loro finitezza (almeno a volte), e tutti sembrano pensare che la morte riguardi gli altri. A 27 anni, o quando si trova il primo capello grigio oppure la prima protuberanza sottopelle, si è costretti ad affrontare la verità della nostra mortalità. Il periodo della Quaresima nel suo insieme può essere una prova generale o una preparazione alla vita che affronti sia la mortalità che l’immortalità.

In altri termini, la morte per noi non comporta tanto una fine, quanto un cambiamento. Detto meglio, la morte pone fine al fluire del tempo e del cambiamento e ci porta in un’eternità irrevocabile. Muovendoci da questa vita alla prossima, dobbiamo rendere conto di noi stessi, e vedere ciò che Dio già sa – se abbiamo vissuto in un modo che ci ha preparati all’amore e alla gloria eterni o alla miseria e alla mancanza d’amore eterne. Lasciati a noi stessi, la storia può finire solo in un modo; se cooperiamo con la grazia, se ci conformiamo a Cristo crocifisso, saremo conformati a Cristo risorto.

Da questo punto di vista, la Quaresima può e dovrebbe essere un momento in cui concentrarsi per accantonare distrazioni, illusioni e ostacoli che ci impediscono di usare bene il tempo per prepararci all’eternità. Cristo ci ha mostrato la via che porta alla vittoria. Sta a noi percorrerla insieme a Lui.

 

CHI TRASFORMA LA VITA IN UN CIELO? MARIA!

Natale 2020

Mi sento così fragile al suo fianco… Sono caduto tante volte, Lei lo sa e mi abbraccia. Lei, mia madre, mi ama come nessun altro…

Mi piace guardare Maria nell’Avvento, guardarla camminare verso Betlemme. Mi piace contemplarla come Bambina immacolata aperta a Dio. La sua anima pura, allegra, grande, profonda. Il suo sguardo innocente pieno di sogni e desideri. Lei, che trasforma la vita in un cielo…

Mi soffermo davanti a Lei quasi senza poter parlare, stupito e felice. Cosa posso dirle quando mi sento così piccolo? Il mio cuore tace davanti a Lei. La guardo e basta.

È mia madre

Mi sento così fragile al suo fianco… Sono caduto tante volte, Lei lo sa e mi abbraccia come ha sempre fatto. Come ha fatto per la prima volta tanto tempo fa. Come torna a fare ora quando mi vede triste e sola in mezzo al mio cammino.

Mi abbraccia perché non mi dimentichi da dove vengo e sia più certo di dove vado. Perché ricordi che la sua voce mi ha salvato tante volte.

Mi ripete che mi vuole bene, che valgo più di chiunque altro, mi mostra la bellezza che ho nascosta e che spesso non vedo. Lei, mia madre, mi ama come nessun altro.

E io resto tranquillo, con una certa vergogna, senza sapere cosa fare o cosa dire. Guardo solo i suoi occhi grandi e aperti. Guardo il suo sorriso ampio e puro, le sue mani che vogliono sostenermi, le sue labbra che vogliono solo dirmi che non devo temere.

Maria mi ama

So che la sua purezza supera tutti i miei tentativi di pensare bene e fare bene le cose, di essere puro nel mio sguardo, più suo. So che il suo amore è così puro e grande che non potrei mai amare come Lei mi ama. Non lo pretendo.

So che i miei passi sono così deboli e corti che non assomiglieranno mai ai suoi, fermi e decisi lungo quel cammino che porta a Betlemme.

So che il suo “Sì” è così forte e fedele che non pretendo di uguagliarlo con le mie forze, con i miei “Sì” schivi e codardi.

E io le chiedo…

Voglio solo chiederle di non dimenticarsi di me in questo pomeriggio invernale. Nella solitudine della mia anima. Tra quei venti che spengono il fuoco interiore che cerco di ravvivare, quando la vita sembra portare la mia barca in direzioni a me sconosciute.

Le chiedo solo di ricordarmi ogni giorno perché sono venuto in questo mondo. Voglio solo che mi faccia vedere con chiarezza ogni mattina la bellezza nascosta nella mia anima. Quella bellezza che vede in me solo Maria.

Desidero soltanto che mi abbracci con forza e mi faccia sentire ancora una volta come quel bambino scelto nel cuore di Dio.

Voglio che mi insegni a confidare quando sorgono i dubbi e le incertezze in questo Natale tanto strano. E allora le mie paure davanti al suo cuore immacolato scompaiono immediatamente.

Sono con Lei

Non so bene come faccia, ma riesce a calmarmi quando ho paura, quando sono nervoso, quando ho dei dubbi. E le sue braccia mi sorreggono con forza e mi fanno capire che la mia vita è più grande di quanto io abbia mai immaginato.

Voglio camminare al suo fianco per un tratto di questo cammino verso Betlemme. Voglio che senta che sono con Lei in ogni momento e non penso di lasciarla.

So che la mia intenzione è essere sicuro, ma allo stesso tempo è come se volessi proteggerla da tutti i pericoli. Mi sento come Juan Diego che voleva difendere la sua Maria a Guadalupe, quando in realtà era Lei che proteggeva sempre lui. Non era forse il suo figlio prediletto?

Così mi sento io, debole e vuoto, allegro e pieno, codardo e fedele. Bisognoso di protezione e sentendomi io quello che la protegge. La vedo così indifesa in questo cammino… Come si possono mescolare i due sentimenti in uno stesso cuore ferito?

La Vergine mi rialza

È Lei, è Maria, che riesce a cambiare il mio animo con un solo sguardo. È Lei che riesce a risollevare il mio cuore e a portarlo alle vette più alte. Lei che calma le mie ansie e riesce a far sì che proceda passo dopo passo, giorno dopo giorno, senza pretendere di arrivare presto alla meta.

È Maria che riesce a far sì che nella mia vita regni un’atmosfera di cielo, di Immacolata. Così riesco a porre fine all’atmosfera di pantano che le mie critiche, i miei giudizi, i miei risentimenti e le mie amarezze seminano a volte intorno a me.

Lei, l’Immacolata, porta il cielo sulla terra, mi fa alzare lo sguardo e credere che ho una dimora preparata al suo fianco alla fine del cammino.

Voglio vivere come Lei, ogni giorno, fiducioso, tranquillo. Lei ha vissuto così ogni giorno come parte di un cammino immenso, a cui aveva detto “Sì” fin dal primo momento.

È Lei che ha decifrato quello che doveva fare con i dubbi, con le paure, e con una fiducia assoluta nell’amore di suo Padre. Voglio vivere così ogni mattina quando mi alzo e contemplo Maria.

Ella trasforma tutto

La guardo camminare verso Betlemme, pura e Immacolata. La guardo con i suoi occhi grandi e la fede immensa. E voglio assomigliare a Lei almeno in quel passo quotidiano che faceva con lo sguardo allegro e il cuore tranquillo, con gli occhi puri e l’anima grande, immensa e profonda.

So che Maria compie miracoli nel mio cuore povero e lo trasforma, mi porta il cielo. So che trasforma la mia vita in una culla sacra, in un giardino florido, in un palazzo pieno di bellezza.

È lei che penetra nella mia anima perché Gesù possa riposare. Lei lo rende abitabile. E così posso offrire tutte le mie paure. So che senza di Lei non posso fare niente, e che con Lei posso tutto. Non sono immacolato come Lei, ma voglio avere la sua stessa luce e la sua speranza, il suo stesso sguardo.

FORSE NON SAPEVI CHE…

I Cattolici credono che il culto sia dovuto solo a Dio. Tuttavia, i Cattolici venerano Maria. In altre parole, noi onoriamo la nostra Madre con grande riverenza e devozione, perché lei è la Madre di Dio.

Maria è il modello dell’amore perfetto e di obbedienza a Cristo. Dio ha preservato Maria dal peccato, la quale concepì il Signore per la potenza dello Spirito Santo, portando Cristo nel mondo. I Cattolici non possono fare a meno di onorare la Beata Vergine Maria, che è piena di grazia, la Madre di Dio e Madre nostra, per il suo “sì” a Dio che ha reso possibile l’Incarnazione.

E senza l’Incarnazione, non avremmo avuto la salvezza. Maria è il più bel modello di sottomissione totale alla volontà di Dio. I Cattolici non considerano Maria uguale a Cristo, ma piuttosto venerano Maria per la sua relazione con Cristo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, spiega che “il ruolo di Maria nella Chiesa è inseparabile dalla sua unione con Cristo e deriva direttamente da essa” (CCC 964). Come cattolici, preghiamo di poter rispondere alla chiamata di Dio alla santità per le nostre vite come fece Mary.

Madre Teresa ha pregato per emulare la devozione di Maria a Cristo: Come Cattolici, preghiamo di rispondere alla chiamata di Dio e alla Santità per la nostra vita nel modo in cui fece Maria. Madre Teresa ha pregato per emulare la devozione di Maria a Cristo: “Maria, Madre di Gesù, dammi il tuo cuore così bello, così puro, così immacolato, così pieno di amore e di umiltà così ‘io possa essere in grado di ricevere Gesù nel Pane di vita, amarlo come tu lo hai amato, e servire come Lui ha servito… “.