Anna Frank
Noi la vogliamo ricordare così
‘Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora.’
CEI: “L’UNICA PAROLA E’ VERGOGNA” – “Vergogna. È assurdo. Siamo al paradosso”. Parole durissime di condanna e di solidarietà alla Comunità ebraica di Roma sono state espresse questa mattina anche da mons. Ambrogio Spreafico, vescovo di Frosinone e presidente della Commissione dei vescovi italiani per l’ecumenismo e il dialogo. “Stiamo sottovalutando l’antisemitismo risorgente in diversi modi – dice Spreafico, raggiunto telefonicamente dal Sir -. E l’Europa che si chiude, che costruisce muri, che diffonde l’odio per l’altro, si sta incamminando su questa pericolosa via. L’antisemitismo è strettamente collegato al razzismo. Il Congresso ebraico mondiale nel 2016 ha censito sulla rete 382 mila post antisemiti, cioè uno ogni 83 minuti. Sono molto preoccupato. Esprimo solidarietà alla Comunità ebraica di Roma e all’ebraismo e alla loro storia. Non è possibile dimenticare ciò che è avvenuto soprattutto usando il nome, la storia e il dramma di Anna Frank in questo modo. Penso veramente che bisogna vergognarsi, che l’unica parola è: vergogna. L’antidoto per combattere questa deriva è parlare, non dimenticare.
LA STORIA
È la notte del 4 agosto 1944 quando nell’ufficio al Prinsengracht 263 di Amsterdam, trasformato in rifugio segreto ormai da due anni, fa irruzione la Gestapo – la polizia tedesca agli ordini del dittatore Adolf Hitler – e cattura la famiglia Frank. In manette finiscono papà Otto, mamma Edith, Margot e la piccola Anna, 14 anni appena. L’unica colpa che hanno è di essere ebrei: abbastanza, ai tempi della Germania di Hitler, per finire nei campi di concentramento a morire di stenti o di torture. Come toccherà anche alla piccola Anna appena un anno dopo, a Bergen Belsen.
La sua storia è diventata famosa grazie a un diario, conosciuto in tutto il mondo. Quello che invece ancora non si conosce è chi, quella notte del 1944, abbia avvertito la Gestapo della presenza dei Frank nella casa di Amsterdam. È la sfida che in questi giorni ha lanciato da Washington alla storia un ex agente dell’Fbi in pensione, Vince Pankoke. Per scoprire il traditore di Anna l’investigatore ha radunato un team internazionale di 19 esperti in vari campi: storici, psicologi, criminologi, scienziati. E ha messo in campo le più moderne tecnologie di inchiesta, tra cui la ricostruzione tridimensionale del momento dell’arresto.
«La verità entro il 2019»
A completare il quadro, la mole impressionante di materiale conservato al museo Anne Frank House di Amsterdam e i documenti inviati agli archivi degli Stati Uniti nel dopoguerra, tra cui le pellicole coi vecchi filmati e le interviste ai testimoni dell’arresto: nei prossimi mesi verranno inserite in un software realizzato appositamente per ordinarli, analizzarli, scovarvi particolari finora trascurati. «Non vogliamo puntare il dito contro nessuno» ha assicurato l’ex agente Pankoke, che ha la fama di non arrendersi di fronte a niente: i suoi ultimi anni di servizio, d’altronde, li ha dedicati a scovare i boss colombiani del narcotraffico. L’obiettivo è riuscire dove diverse inchieste in passato (le prime condotte già negli anni Cinquanta, l’ultima nel 2003) non hanno saputo: scoprire la verità e renderla nota al mondo entro il 4 agosto del 2019, in occasione del settantacinquesimo anniversario dell’arresto della famiglia Frank.
Un ritratto della piccola Anna firmato da un artista di strada nel 2014 a Berlino, sul muro davanti alla mostra dedicata alla famiglia Frank a settant’anni dalla loro cattura.
‘Chiunque è felice, renderà felice anche gli altri.’