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La storia della nostra Chiesa

 
   
“Una storia lunga e bella che dura da tanti anni”

RIFERIMENTI STORICI IN SUCCESSIONE CRONOLOGICA DELLA PARROCCHIA “MADRE DELLA DIVINA PROVVIDENZA”
IL 12 SETTEMBRE 1978 CI FU IL PRIMO INCONTRO DEI PADRI BARNABITI CON L’ARCIVESCOVO DI BARI, MONS MARIANO MAGRASSI, NEL COLLEGGIO DI DENZA DI NAPOLI. FU RICHIESTA UNA PRESENZA BARNABITICA PASTORALE PARROCCHIALE NELLA DIOCESI DI BARI.

RELAZIONE SULLA PARROCCHIA

La posa della “prima pietra” della nuova Chiesa Parrocchiale “Madre della Divina Provvidenza” è avvenuta il 10 maggio 1981 al quartiere San Paolo. Il Parroco Padre Vincenzo M. DI SCHIENA.

Sono trascorsi quattro anni.

Se veniamo alla verifica di questo tempo, che non è passato invano, possiamo constatare i segni di benevolenza di Colei che ha voluto essere l’animatrice prima della Comunità Parrocchiale e l’ispiratrice di tutte le iniziative e silenziose realizzazioni di questi anni.

Alla Madonna della Divina Provvidenza dobbiamo il primo lavoro nascosto e sotterraneo della Comunità Parrocchiale, nei locali condominiali ci si ritrovava per fare le prime Liturgie Eucaristiche, per amministrare i primi sacramenti del Battesimo, per organizzare i primi corsi di Catechismo, per celebrare i momenti salienti della vita ecclesiale. Si improvvisano i Catechisti, pieni di buona volontà e di spirito di sacrificio che riuscivano a raccogliere i piccoli “randagi” immancabili in un rione dove molte mamme affidano alla strada, in mancanza d’altro la custodia, l’educazione e l’abbruttimento dei propri figli.

Con questo spirito di sacrificio e di volontariato dopo reiterati incontri, si sono ritrovati insieme il 4 maggio 1982 tutti coloro che hanno seguito l’avvio della vita parrocchiale dal suo nascere per eleggere il 1° Consiglio Pastorale Parrocchiale e per l’approvazione di un progetto di statuto che precedentemente era stato affidato alla riflessione di ciascuno, letto e approvato lo statuto si è proceduto alla votazione dei responsabili delle varie Commissioni e alla nomina di un Vicepresidente e di un Segretario.

Il C.P.P. è nato per essere una realtà ecclesiale, viva dinamica, luogo di incontro e di impegno pastorale, segno espressivo della Comunità Ecclesiale, che rappresenta l’intera Comunità parrocchiale, ne esprime la fede la natura comunitaria, la ricchezza dei carismi e lo slancio missionario, per favorire la comunione del Parroco con l’intero popolo di Dio e dei fedeli con il loro pastore, per consentire e garantire la responsabilità di tutti i membri della parrocchia alla vita della Chiesa, per  riflettere sulla vitalità religiosa della Parrocchia, individuare le esigenze primarie, programmare gli interventi, decidere le attività concrete, scegliere i mezzi adeguati.

“Per ogni cosa c’è il suo momento e il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo” (Qoélet 3,1)

E’ vero quando Dio vuole tutto arriva tutto si realizza.Oggi qualcosa è cambiato ed anche il nostro C.P.P. ha bisogno di rinnovarsi.

Oggi non siamo pellegrini condominiali, ma grazie ai Padri Barnabiti, abbiamo una Chiesa accogliente, decorosa, dove brilla sempre una fiammella che palpita per noi e ci aspetta.

Oggi abbiamo un agglomerato di grossi condomini, una continua immigrazione, centinai di bambini, tanti poveri da assistere, tanti giovani che sono alla ricerca di un avvenire più umano e più cristiano, tanti disoccupati che chiedono lavoro.

Oggi abbiamo delle vere realtà parrocchiali (Caritas, Apostolato della Preghiera, Anspi A.C.R., n° 2 Comunità Neocatecumenali, un Centro Parrocchiale giovanile intitolato a Giovanni Paolo II che ci ha visitati il 26 febbraio 1984, un campo sportivo.

Abbiamo tanti obiettivi da raggiungere e l’attuale C.P.P. deve mettere in grado di rispondere, dopo la crescita della Comunità Parrocchiale, ed è allo studio una revisione dello statuto ed un aggiornamento del C.P.P. Riteniamo molto valido il Convegno a cui partecipiamo e del quale siamo ansiosi di attingere nuovi appunti di organizzazione e stimolazioni di azioni.

Il Papa Giovanni Paolo II° – Karol Wojtyla – 
volle visitare il quartiere San Paolo, prima tappa alla Parrocchia:

“MADRE DELLA DIVINA PROVVIDENZA”

Dopo la visita Pastorale in Puglia  e precisamente a Otranto. Un leit motiv che riprese anche a Bari, il 26 febbraio 1984. «Aprite le porte e i cuori», disse ai fedeli giunti numerosi nel quartiere San Paolo presso la Chiesa “Madre della Divina Provvidenza”. Non fu una scelta casuale, quella del rione alla periferia del capoluogo. «Fu proprio Giovanni Paolo II a chiedere di incontrare la città al San Paolo», ricorda Monsignor Nicola Bonerba, parroco della Cattedrale e per anni vicario dell’ Arcivescovo proprio nel quartiere San Paolo. «Il Papa – racconta – aveva sentito parlare di un quartiere con particolari problemi umani e sociali e volle dare un segno di particolare attenzione. Infatti, nel suo messaggio alla città parlò di un quartiere cresciuto troppo in fretta e chiese l’ impegno di tutti»
  DOPO LA POSA DELLA PRIMA PIETRA 10 MAGGIO 1981 ALLA CHIESA “MADRE DELLA DIVINA PROVVIDENZA” L’ARCIVESCOVO
MONS. MARIANO ANDREA MAGRASSI, TORNA A FARCI VISITA PASTORALE IN TEMPO DI PASQUA 
IL 5 MAGGIO 1991

E inoltre ancora:

UN QUADRO, UNA DEVOZIONE, UNA STORIA

di padre Fabio Pallotta, guanelliano

Lo so. Sarebbe molto più interessante entrare nell’aspetto intimo, quello delle motivazioni e delle finalità per cui don Guanella scelse per sé, per noi e per i suoi poveri la Madonna della Provvidenza… Come pure sarebbe una vera chicca raccontare le vicende attraverso le quali don Guanella arrivò a ‘sposare’ la Madonna della Provvidenza come sua: in pratica la povera storia di un povero prete barnabita, allontanato dal suo ordine e costretto a mendicare il pane per via di alcuni errori commessi, che incrocia don Guanella nel suo vagabondaggio e da lui riceve affetto, casa, protezione. In cambio lo introdurrà nella devozione alla Madonna della Provvidenza, a don Luigi già nota, facendolo iscrivere all’Arciconfraternita romana e aiutandolo a costituire in Lora una sede filiale della stessa. E un tassello importante da aggiungere sarebbe quello della devozione alla Madonna della Provvidenza alla luce della missione tra i poveri e dell’annuncio tutto guanelliano di un Dio Padre, preoccupato per le sue creature più sole… Lo so. Ma un passo alla volta. Iniziamo da quello storico, che è sempre la cornice migliore per cogliere anche senso e valore; la storia del quadro, della devozione, del titolo e tutto quello che ci porta fino a don Guanella.

Il titolo “Madonna della Provvidenza” Una rapida ricerca, evidenzia come in Italia questo titolo mariano fosse già usato, diffuso e variamente raffigurato nell’iconografia, indipendentemente e spesso prima delle vicende legate ai Barnabiti. Anche fuori dai confini italiani “Madonna della Provvidenza” con tutte le sue varianti appare come un titolo già accreditato presso il popolo di Dio e già approvato dalla Chiesa e dunque appare chiaro che non nasce coi padri Barnabiti. Ad affermare questa realtà già viva e diffusa è paradossalmente un esimio barnabita, attento raccoglitore di memorie che, in occasione della Festa della Provvidenza del 1908 pubblica un vero e proprio repertorio storico su questa devozione ; volendo dimostrare come la devozione nasce coi Barnabiti, in realtà finisce per fornire una serie dettagliata di luoghi di culto già preesistenti.

Certo, nel 1732, grazie ad un caso fortuito e accidentale, ebbe e a svilupparsi una devozione ufficiale e universale ad opera dei Barnabiti che, ai primi del Seicento, avevano in Roma due case: una in Piazza Colonna, detta di San Paolo alla Colonna, e l’altra in piazza Cairoli, con Casa e Chiesa di San Carlo ai Catinari. Per obbedire – obtorto collo – ai voleri di papa Alessandro VI, dovettero sloggiare da Piazza Colonna, nella cui Chiesa conservavano un affresco della Madonna al quale erano particolarmente affezionati e che si portarono dietro facendolo collocare sul pianerottolo dello scalone tra il primo e il secondo piano della Casa di San Carlo ai Catinari, dove restò quasi 60 anni dal 4 Giugno 1617, data del trasferimento, al Dicembre 1676. Il padre Landriani, allora procuratore generale, aveva, infatti, deciso di spostare la cara immagine da quel pianerottolo di scale che, pur dignitoso, era, tuttavia di passaggio e rendeva difficile la venerazione personale più prolungata o raccolta. Si decise di porla nel Coro invernale del primo piano dove i padri pregavano ordinariamente; vi era già un altare predisposto per un’altra pittura. Così a un innominato Architetto si commissionò il trasferimento dell’affresco che, sfortunatamente -o provvidenzialmente?- durante le operazioni cadde andando in frantumi irreversibilmente. Dispiacere indicibile sui due fronti e, per riparare, ecco la proposta di un dono da parte dell’Architetto; una tela di Vergine col Bambino dipinta da Scipione Pulzone conservata gelosamente in casa. Senza essere attesa, né richiesta, la nuova Immagine venne ad abitare tra i Barnabiti che, col tempo se ne mostrarono sempre più attratti, tanto da far dire al padre che stendeva la Cronaca della comunità che, grazie a lei, quel coro si era lentamente trasformato in “domus regia ex miserando tugurio”.

La fortuna però di quella tela doveva ancora esplodere; nel Giugno 1716 veniva nominato parroco di San Carlo ai Catinari il barnabita padre Gennaro Maffetti, che precedentemente si trovava a Milano, nell’ufficio di Maestro dei Chierici; già spiccatamente mariano nella sua impostazione spirituale, si imbatté in una cronaca di cento anni prima che narrava come, grazie alla Vergine, si era riusciti miracolosamente a terminare i lavori alla Chiesa di San Carlo. Padre Maffetti volle esprimere riconoscenza alla Madonna, trasformando un culto riservato in un culto pubblico. Ma come fare? L’immagine preziosa veniva portata in Chiesa solo durante la Novena di Natale e poi ricollocata nel coro dei padri; di trasferirla definitivamente nella chiesa neppure parlarne, visti i fatti precedenti: non restava che puntare ad una copia, che fu affidata al pittore Pietro Valentini. Il 13 Luglio 1732, sesta Domenica dopo Pentecoste, nella quale si leggeva il brano evangelico della moltiplicazione dei pani (Mc 8, 1-9), la nuova tela fu posta nella Cappella di Santa Cecilia, lungo il breve corridoio di collegamento tra Chiesa e Convento. Sotto la ttela padre Maffetti fece scrivere: Mater Divinae Providentiae. Non si seppe mai perché. In realtà non era un titolo nuovo per i figli dello Zaccaria: già nel 1613 l’architetto barnabita Mazenta, autore della Basilica di San Paolo Maggiore in Bologna, aveva indicato per la sommità del campanile da lui disegnato una statua in bronzo dorato della “Vergine Beata della Divina Provvidenza” . Soprattutto è illuminante un precedente: negli anni in cui il Maffetti era a Monza, maestro dei Novizi, fu anche confessore delle Angeliche di Milano, il ramo femminile della fondazione barnabita; non potè sfuggirgli il prezioso quadro da loro venerato come ‘Mater divinae providentiae’ la cui Festa si celebrava -guarda caso!- nella settima Domenica dopo Pentecoste di ogni anno e la cui colletta recitava: “Deus, cuius Providentia in sui dispositione non fallitur…”. Analogia quasi totale tra questa tradizione delle Angeliche e la Festa che si prese a celebrare in San Carlo ogni anno, tranne un piccolo dettaglio: padre Maffetti non fissò la Festa alla settima Domenica dopo Pentecoste, come era per le suore milanesi, ma alla sesta, quasi certamente per il collegamento stretto tra il titolo apposto alla nuova devozione e il Vangelo della moltiplicazione dei pani che si leggeva nella sesta Domenica . La città di Roma fu da qual momento in avanti molto sensibile a questa devozione che affiorava e, in breve tempo, quella Chiesa si trasformò in un vero e proprio Santuario preso d’assalto, soprattutto di Sabato. Molte circostanze concorsero a rafforzare questa diffusione; Papa Benedetto XIV, nel 1744, accolse la richiesta dell’erezione di una Confraternita sotto il nuovo titolo mariano, arricchendola di molte indulgenze; nel 1834, poi, il papa Gregorio XVI, la univa al sodalizio di Maria Ausiliatrice dei Cristiani, istituita a Monaco di Baviera in ricordo della memorabile vittoria riportata sui turchi nel 1683; la Congregazione dei Riti, nel 1888, concedeva inoltre ai Barnabiti una Liturgia propria per la Festa, con rito doppio di prima classe e con testi liturgici propri, di Messa e di Ufficio. Ad elevare di più il tono della devozione provvide il Capitolo Vaticano che l’11 Novembre 1888 incoronava la Sacra Immagine. Il giorno della Festa della Madonna della Provvidenza rimase alla seconda Domenica di Novembre – come già era per la Festa del Patrocinio; solo nel 1914 il nuovo Calendario ecclesiastico l’avrebbe spostata il Sabato precedente, la terza Domenica di Novembre, come ancora è in uso ai giorni nostri; quanto alla festa esterna il papa Benedetto XV avrebbe poi dato in seguito la facoltà di celebrarla indifferentemente alla seconda o alla terza Domenica, sempre di Novembre. Tra le iniziative più periferiche, ma al contempo interessanti -e forse più alla portata di don Guanella che aveva amicizia con molti barnabiti – ci fu la disposizione del padre generale Benedetto Nisser con cui si chiedeva che ogni barnabita tenesse nella propria camera il quadro della Madonna della Provvidenza. Si noti che di lì a pochi mesi don Guanella avrebbe acquistato la Binda, a Lora di Como, e vi avrebbe fissato la Casa Madre della sua Congregazione femminile intestandone Opera e Chiesa a “Santa Maria della Provvidenza”. E si noti pure che, un mese dopo, avrebbe presentato al suo Vescovo di Como il testo di Regola sul quale, per la prima volta, a conclusione di una serie di cambiamenti avvenuti

nell’arco di dieci anni16 , avrebbe definito per sempre il nome alle sue religiose in quello attuale di Figlie di Santa Maria della Provvidenza. Ma qui sorge un interrogativo: don Guanella dove ‘trova’ la Madonna della Provvidenza? Accennerei a due sorprese, una che finora è senza troppi appoggi documentari, l’altra indubitabile. Entrambe suggestive.

Prima sorpresa: il Cottolengo e la Madonna della Provvidenza

Già nella biografia del Gastaldi è indicata la devozione dell’allora venerabile Cottolengo verso “Nostra Signora della Provvidenza”. Si dice che l’immagine della Vergine con quel titolo era apposta sulla porta d’ingresso di tutte le divisioni della Casa e che ogni sera, dopo la recita dell’Angelus, i membri di ogni divisione si raccogliessero sotto la detta effigie per cantare le Litanie . Questa nota apparve sorprendente già ai Barnabiti stessi se, chiedendo informazioni circa il ‘tipo’ di immagine, si videro arrivare il 16 Settembre 1904, una risposta di padre Giuseppe Ferrero, successore del Cottolengo e Direttore della Piccola Casa, con queste parole: “…la Madonna di cui si parla esiste ancora nella Piccola Casa ed è quella che è venerata a Roma nella Chiesa di San Carlo ai Catinari, officiata dai padri Barnabiti… e aggiungo a questa lettera una delle nostre immagini di Nostra “Signora della Provvidenza”. Ragionando, senza troppi condizionamenti, salta subito all’occhio dello storico una coincidenza non secondaria. Possibile che don Guanella, uno dei più grandi ‘interpreti’ del Cottolengo, capace di ammettere ad ogni passo la sua dipendenza dal Cottolengo abbia sorvolato su una vicenda così chiara e nota nella Piccola Casa di Torino? Quasi tutto in don Guanella risente del Cottolengo, con delle imitazioni ad ogni livello che saranno persino imbarazzanti e causa di tensione; si pensi all’omonimia nell’intestazione della Casa che dovette essere risolta con un ripiego abbastanza formale. Si pensi ai disabili chiamati “buoni figli”; al progetto spirituale di una Casa immensa divisa in ‘famiglie’; alla ‘carità’ dalle radici vincenziane che anima profondamente la missione; alle suore e ai preti chiamati martorelli o strapazzone; alla definizione di sé come “burattino” o “facchino” della Divina Provvidenza e a tutto il tema martellante dell’abbandono nelle mani della stessa Provvidenza; la prerogativa della Casa di esistere per coloro che altrove vengono cacciati o esclusi; l’idea di allevare ‘figlie’ per spedirle gratis nella Città a servire e vegliare i malati; la coincidenza assoluta su quasi tutte le classi dei destinatari, tra cui per esempio, le giovani pericolanti; le Suore dette ‘Crocine’; i filoni spirituali rinvenibili nel suo pensiero legati a San Filippo Neri, a Sant’Alfonso, a San Vincenzo de’ Paoli, a San Francesco di Sales; l’idea che i poveri sono i veri padroni della Casa e come padroni vanno serviti; l’invito a “stare allegri” e servire con allegria. E si potrebbe continuare, fino a togliere ogni dubbio. Ora: il tema di Maria Madre della Divina Provvidenza, tema caro e consueto della prassi cottolenghina, può considerarsi ininfluente nella sua formazione di fondatore? Qui non si tratta di supposizione, ma di evidenza indubitabile; stando ad un linguaggio attuale, sebbene di altro ambito, don Guanella “non poteva non sapere”. Seconda sorpresa: un Santuario a Cussanio Don Guanella fu direttore per due anni dell’Oratorio a Trinità di Mondovì aperto da don Bosco nell’autunno del 1876, mentre il nostro era legato da voti ai salesiani di don Bosco. A dieci chilometri da Trinità esiste tuttora un imponente Santuario dedicato da secoli a “Maria Madre della Divina Provvidenza”. Con l’apparizione della Vergine Maria al pastore sordomuto Bartolomeo Coppa l’otto e l’undici maggio 1521 era iniziato lì un culto considerevole. La Vergine aveva guarito l’uomo sordo e muto dalla nascita e gli aveva affidato la missione di predicare la penitenza a Fossano, poco distante. Gli era poi apparsa una seconda volta e gli aveva offerto del pane trovandolo affamato, deluso e deriso dagli uomini che aveva incontrato durante la sua missione. Fu in questo secolo che Fossano, afflitto come gran pane dei territori circostanti dalle guerre e investito dalla peste, si rivolse alla Vergine per scampare il male e fece erigere una cappella sul luogo dell’Apparizione della Madonna divenuto in quegli anni meta di pellegrinaggio; nel secolo successivo quella Cappella sarebbe divenuta Chiesa immensa con annesso convento agostiniano. Crebbe tra il Seicento e il Settecento l’importanza e la prosperità del santuario di Cussanio. I rivolgimenti intervenuti con la Rivoluzione francese interessarono il Santuario che conobbe in quegli anni un periodo di decadenza: I Padri Agostiniani furono costretti a lasciare il convento e non tornarono più nemmeno dopo la restituzione delle proprietà alla Chiesa avvenuta durante la restaurazione. La rinascita del Santuario fu possibile soltanto con l’arrivo in diocesi del Vescovo Emiliano Manacorda nel 1872. Costui rivendicò la proprietà del Monastero che era tra i beni confiscati a seguito delle Leggi di soppressione del 1866, e avviò la ristrutturazione della Chiesa. Don Guanella arrivò in zona mentre ancora fervevano i lavori e non poterono essergli estranei quella devozione e quel santuario se solo si pensa che dal 1874 al 1908 compresi, quasi ogni anno il Vescovo Manacorda dedicò una delle sue Lettere pastorali alla Madonna di Cussanio, la “Madre della Divina Provvidenza” e che don Guanella era già in zona quando nel Maggio del 1875 il Vescovo Manacorda re-intitolò il Santuario coronando la Vergine sotto il titolo di ‘Madonna della Divina Provvidenza’. Difatti possediamo da poco una firma autografa di don Luigi, apposta sull’efemeride di Messe conservata nell’Archivio del Santuario, dalla quale risulta che il 10 Maggio 1878 don Guanella celebrò in quel luogo santo . Sorprende un po’ che quella storia tenerissima del vaccaro sordomuto Bartolomeo Coppa, fatto destinatario delle apparizioni di Maria, e quella tela splendida del pittore fiammingo Claret in cui la Vergine gli porge un pane non siano più tornati nella letteratura guanelliana. Sarebbe stato un accostamento artistico strepitoso per il dirsi dell’opera nascente. La tela di Scipione Pulzone da Gaeta, detto il Gaetano Appare necessario dire ora qualcosa su questa famosa immagine. Anzitutto che il tema della Madonna è un soggetto che ritorna frequente nella produzione del pittore gaetano; anzi, dopo un inizio artistico che lo vede realizzare quasi unicamente ritratti su commissione, Scipione si sposta verso una produzione a soggetto più marcatamente religioso, dove spesso affiora il tema mariano. Sarebbe anzi interessante una lettura sinottica della produzione con a tema la Vergine Maria per leggere sia la crescita artistica che quella teologica del Gaetano: dalla replicata Pala della Madonna fra Angeli in alto e Santi in basso, realizzata per sei committenze diverse, all’Immacolata di Gaeta del 1582, alla pala dell’Assunta di San Silvestro a Montecavallo del 1585 , all’Annunciazione di Napoli del 1587, alla Cappella della Madonna della Strada del 1584-158833 , alla Pietà del 1590 circa, alla Sacra Famiglia del 1590 circa35, alla nostra Madonna della Provvidenza anch’essa del 1590 circa, alla Madonna Addolorata di datazione incerta, alla Madonna col Bambino e rosa del 1592, alla Assunzione dei Funari del 1598, alla Madonna col Bambino tra Santa Lucia e Sant’Erasmo, alla Madonna di Priverno.

L’immagine della MADONNA DELLA PROVVIDENZA viene in genere datata in relazione a quella della Sacra Famiglia di Galleria Borghese a Roma, essendo le due immagini davvero molto simili. Si tratta di un olio su tela, cm. 44,7 x 52,3, non firmata, attualmente custodito nella Cappella interna dei Padri Barnabiti presso la Chiesa di San Carlo ai Catinari in Roma. Scipione da Gaeta – scrive il critico Ghignoni – “seppe cogliere e fermare, in un’opera d’arte, un momento di estasi materna: una di quelle estasi che ogni donna che ha avuto figli conosce. Seppe non soltanto esprimere quello che intuì come uomo, ma anche quello che sentì come uomo pio, cioè che la donna che ritraeva era più che donna, più che madre: era la vergine Madre, la Madre di Dio”. E l’altro critico, lo Zeri, aggiunge: “È una pittura senza tempo, senza luogo, il prodotto cioè di una cultura essenzialmente utopistica: salvo che per qualche impercettibile sfumatura caratteristica nella tecnica e nell’impasto del colore, che la lega allo scadere del Cinquecento; la sua soavità è immune dal morso dei secoli”. Interessante anche la ‘lettura’ dell’immagine fornita da don Guanella che ne parla, per la prima volta a noi nota nel Novembre del 1895: “La Madonna della Divina Provvidenza raccoglie il suo Divin Figlio avvolto in un copioso ammanto, e se lo stringe amorosamente al cuore e lo guarda con due occhi ammirabili per la divina gioia che inonda, quasi per dire: Io abbraccio la Divina Provvidenza, quella Divina Provvidenza, la quale si serve di me umile ancella, perché fornisca cibo e assistenza a questo celeste infante, che è la Divina Provvidenza Incarnata.

La Beata Vergine della Divina Provvidenza è la carissima nostra madre, la quale gode di essere chiamata con questo titolo, per essere più pronta al soccorso nostro. Che consolazione in mezzo ai triboli della vita avere cui ricorrere, e ricorrere alla gran Vergine della D. Provvidenza. Nelle varie opere della Piccola Casa la nostra comune Madre Maria SS. viene venerata sotto questo titolo di Madre della Divina Provvidenza. Non è invero raro, che ancor sensibilmente la Vergine Santa, non mostri l’efficacia della sua protezione, e così noi godiamo di presentarci d’innanzi all’effigie sua della Divina Provvidenza ed invocarla per noi e per tutti i bisogni che ne circondano. La Vergine della Divina Provvidenza guardi benevola sempre alla Piccola Casa, la guardi in presente circa un’opera che dee esser di tutta gloria della benedetta Madre nostra. Dessa guardi benevola a tutti i cooperatori e benefattori nostri”.

Uno sfizio letterario: due versi di Scipione sulla Madonna

Forse in chiusura di queste brevi e confuse note non è fuori luogo la citazione di un sonetto scritto da Scipione, segno della sua sensibilità religiosa e spesse volte tramandato come preghiera inizialmente composta in onore della Vergine Maria. Appaiono chiaramente intrecciati il tema delle sue pene esistenziali e il senso profondamente religioso che le interpreta:

«Mentre me stesso in varii lacci avvinsi,la lingua al canto in vario suon disciolsi; pene soffrii, molte ne finsi raro mi rallegrai, spesso mi dolsi. Mille vane dolcezze al cor dipinsi, mille incerte speranze in seno accolsi abbracciar pensai molto, e nulla strinsi, e d’error sempre in novo error m’involsi. Errai, né biasmo or da’ miei falli aspetto: perché errando, nel regno errai d’Amore, in cui par quasi il non errar difetto. Deh! scusi il Mondo il vaneggiar d’un core già fatto cieco da quel cieco affetto ch’erra, e non vede ne l’error l’errore».
 

La parrocchia – col titolo di “Madre della Divina Provvidenza” – venne istituita il 3 marzo 1981 con decreto dell’arcivescovo Magrassi e affidata ai Chierici Regolari di San Paolo (Barnabiti). Il 10 maggio 1981 alla presenza dello stesso arcivescovo fu posta la prima pietra. Il 23 dicembre 1983 venne inaugurata la prima parte della nuova chiesa parrocchiale. Il 26 febbraio 1984 la nuova chiesa fu benedetta da PAPA GIOVANNI PAOLO II, dall’esterno, quando, all’inizio della visita apostolica a Bari-Bitonto, sostò proprio davanti alla chiesa parrocchiale per ricevere il primo saluto della città al Quartiere San Paolo.

Inoltre nel 1998, la Chiesa è stata ristrutturata e abbellita nel presbiterio completamente rinnovato ed stata abbassata la volta con due vele che confluiscono verso un luminoso tondo centrale raffigurante Maria, “Madre Della Divina Provvidenza” visibile dall’interno e dall’esterno, che dà più luce alla Chiesa.

 

Il giorno 4 del mese di febbraio 2001, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Francesco CACUCCI, ha dedicato e consacrato la Chiesa Parrocchiale col titolo: “Maria Santissima Madre Della Divina Provvidenza”.

Su indicazione dell’Arcivescovo Mons. Francesco CACUCCI, nacque il Consiglio Pastorale per gli Affari Economici (C. P. A. E.):               il 19 febbraio 2001.

ELENCO DEI PADRI BARNABITI CHE SI SONO AVVICENDATI NELLA NOSTRA PARROCCHIA

Nome Cognome Ruolo Icona
1 Padre Michele M. LOPORCARO Croce
2 Padre Vincenzo M. DI SCHIENA I Parroco Croce
3 Padre Vincenzo M. MIGLIACCIO
4 Padre Domenico M. FIORENTINO Croce
5 Padre Antonio M. IANNUZZI
6 Padre Ferruccio M. TRUFI
7 Padre Michele M. CICERO Croce
8 Padre Salvatore M. SINISGALLO Croce
9 Padre Franco M. D’ALESSIO Croce
10 Padre Angelo M. MARIANI II Parroco Croce
11 Padre Antonio M. IANNUZZI III Parroco
12 Padre Giuseppe M. TRAPASSO Croce
13 Padre Nicola M. CORATELLA Vice Parroco attuale
14 Padre Antonio M. FRANCESCONI IV Parroco Croce
15 Padre Antonio M. IANNUZZI V Parroco attuale
16 Padre Giuseppe M. DI NARDO Vice Parroco attuale
17 Fratello Mario M. LIONETTO Sacrista Croce
18 Padre Cosimo M. VASTI
19 Padre Andrea M. GUARINI Croce
20 Padre Casimiro M. LOREK
21 Padre Alessandro M. TIRELLI Vice Parroco
     

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