Papa Francesco
Franciscus
Jorge Mario Bergoglio
13.III.2013
Il primo Papa giunto dalle Americhe è il gesuita argentino Jorge Mario Bergoglio, 76 anni, arcivescovo di Buenos Aires dal 1998. È una figura di spicco dell’intero continente e un pastore semplice e molto amato nella sua diocesi, che ha girato in lungo e in largo, anche in metropolitana e con gli autobus.
«La mia gente è povera e io sono uno di loro», ha detto una volta per spiegare la scelta di abitare in un appartamento e di prepararsi la cena da solo. Ai suoi preti ha sempre raccomandato misericordia, coraggio e porte aperte. La cosa peggiore che possa accadere nella Chiesa, ha spiegato in alcune circostanze, «è quella che de Lubac chiama mondanità spirituale», che significa «mettere al centro se stessi». E quando cita la giustizia sociale, invita a riprendere in mano il catechismo, i dieci comandamenti e le beatitudini. Nonostante il carattere schivo è divenuto un punto di riferimento per le sue prese di posizione durante la crisi economica che ha sconvolto il Paese nel 2001.
Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli.
Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L’11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Fra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires. Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe.
Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore presso la facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio.
Il 31 luglio 1973 viene nominato provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel. Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore.
È il cardinale Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo e nello stemma inserisce il cristogramma ihs, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica.
Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale, del titolo di san Roberto Bellarmino. Nell’ottobre 2001 è nominato relatore generale aggiunto alla decima assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, dedicata al ministero episcopale. Intanto in America latina la sua figura diventa sempre più popolare. Nel 2002 declina la nomina a presidente della Conferenza episcopale argentina, ma tre anni dopo viene eletto e poi riconfermato per un altro triennio nel 2008. Intanto, nell’aprile 2005, partecipa al conclave in cui è eletto Benedetto XVI.
Come arcivescovo di Buenos Aires — tre milioni di abitanti — pensa a un progetto missionario incentrato sulla comunione e sull’evangelizzazione. Quattro gli obiettivi principali: comunità aperte e fraterne; protagonismo di un laicato consapevole; evangelizzazione rivolta a ogni abitante della città; assistenza ai poveri e ai malati. Invita preti e laici a lavorare insieme. Nel settembre 2009 lancia a livello nazionale la campagna di solidarietà per il bicentenario dell’indipendenza del Paese: duecento opere di carità da realizzare entro il 2016. E, in chiave continentale, nutre forti speranze sull’onda del messaggio della Conferenza di Aparecida nel 2007, fino a definirlo «l’Evangelii nuntiandi dell’America Latina».
“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.”
Vorrei dire una cosa, a tutti voi giovani: non lasciatevi rubare la speranza! Il pessimismo ti butta giù, non ti fa fare niente. E la paura ti rende pessimista. Niente pessimismo. Rischiare, sognare e avanti. Non abbiate paura della bontà e neanche della tenerezza. Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del conclave era di dare un vescovo a Roma e sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo… Ma siamo qui.[Prime parole di Papa Francesco dopo l’elezione]
L’amore non tollera mezze misure: o tutto o niente. E per fare crescere l’amore occorre evitare le scappatoie. L’amore deve essere sincero, aperto, coraggioso. Nell’amore tu devi mettere tutta la carne al fuoco.
Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, siamo caduti nella globalizzazione dell’indifferenza.
Stranamente, non abbiamo mai avuto più informazioni di adesso, ma continuiamo a non sapere che cosa succede.
Un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale!
Con Cristo il cuore non invecchia mai!
Il comandamento di Gesù che porta in sé tutti i comandamenti è il Comandamento dell’Amore.
Il futuro lo fai tu, con le tue mani, con il tuo cuore, con il tuo amore, con le tue passioni, con i tuoi sogni. Con gli altri.
Nessuno di noi può sopravvivere senza misericordia, tutti abbiamo bisogno del perdono.
Un cristiano se non è rivoluzionario, non è un cristiano. Non capisco le comunità cristiane che sono chiuse in parrocchia. Uscire per annunziare il Vangelo
Se una persona gay e cerca il Signore e ha buona volontà chi sono io per giudicarla? Il catechismo della chiesa cattolica dice che non si devono discriminare queste persone per questo.
L’aborto non è un “male minore”. È un crimine. È fare fuori uno per salvare un altro. Abortire equivale a uccidere chi non ha modo di difendersi.
Abortire è come affittare un sicario.
La famiglia non è la somma delle persone che la costituiscono, ma una «comunità di persone». E una comunità è di più che la somma delle persone. È il luogo dove si impara ad amare, il centro naturale della vita umana. È fatta di volti, di persone che amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendono la vita, soprattutto quella più fragile, più debole.
Il diavolo c’è anche nel ventunesimo secolo.
Abbiate il coraggio di essere felici.
Uno dei titoli del Vescovo di Roma è Pontefice, cioè colui che costruisceponti, con Dio e tra gli uomini.
L’importante è come giudichiamo le cose: con la luce che viene dal vero tesoro nel nostro cuore? O con le tenebre di un cuore di pietra?
Le madri sono l’antidoto più forte al dilagare dell’individualismo egoistico.
Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione.
Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa.
Il denaro deve servire e non governare!
Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità.
La fede è un dono gratuito di Dio che chiede l’umiltà e il coraggio di fidarsi e affidarsi.
Chi corre dietro al nulla diventa lui stesso nullità.
Ricordiamo le tre parole-chiave per vivere in pace e gioia in famiglia: permesso, grazie, scusa. Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire “grazie”, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia.
Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco: come Francesco da Assisi, uomo di povertà, uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato; e noi oggi abbiamo una relazione non tanto buona col Creato.
Per favore, siate custodi della creazione, dell’altro, dell’ambiente.
Solo la fiducia in Dio può trasformare il dubbio in certezza, il male in bene, la notte in alba radiosa.
Noi, donne e uomini di Chiesa, siamo in mezzo a una storia d’amore. Ognuno di noi è un anello in questa catena d’amore. E se non capiamo questo, non capiamo nulla di cosa sia la Chiesa. È una storia d’amore.
Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi.
Il dialogo nasce da un atteggiamento di rispetto verso un’altra persona, dalla convinzione che l’altro abbia qualcosa di buono da dire; presuppone fare spazio, nel nostro cuore, al suo punto di vista, alla sua opinione e alle sue proposte. Dialogare significa un’accoglienza cordiale e non una condanna preventiva.
La vita è sempre un dare ed è costoso prendersi cura della vita. Oh quanto costa! Costa lacrime. Ma come è bella la cura per la vita, permettere che la vita cresca, dare la vita come Gesù, e dare in abbondanza, per non permettere che anche uno solo di questi più piccoli vada perso.
Non cediamo al pessimismo. Non passiamo a quella amarezza che il diavolo ci porge ogni giorno.
La speranza è un po’ come il lievito, che ti fa allargare l’anima.
La predica di un bambino in chiesa è più bella di quella del prete, di quella del vescovo e di quella del Papa.
[Durante l’omelia di una messa in cui alcuni bambini facevano chiasso]
Non si può servire due padroni: Dio e la ricchezza. Finché ognuno cerca di accumulare per sé, non ci sarà mai giustizia.
Non basta non fare il male per essere un buon cristiano; è necessario aderire al bene e fare il bene. Capita di sentire alcuni che dicono: io non faccio del male a nessuno. D’accordo, ma il bene lo fai? Quante persone non fanno male, ma nemmeno il bene, e la loro vita scorre nell’indifferenza, nell’apatia, nella tiepidezza. Questo atteggiamento è contrario al Vangelo.
Ognuno è colpevole del bene che poteva fare e non ha fatto. Non basta non odiare, bisogna perdonare; non basta non avere rancore, bisogna pregare per i nemici; non basta non essere causa di divisione, bisogna portare pace dove non c’è; non basta non parlare male degli altri, bisogna interrompere quando sentiamo parlar male di qualcuno.
Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.
I sogni sono importanti. Tengono il nostro sguardo largo, ci aiutano ad abbracciare l’orizzonte, a coltivare la speranza in ogni azione quotidiana. E i sogni dei giovani sono i più importanti di tutti. Un giovane che non sa sognare è un giovane anestetizzato; non potrà capire la vita, la forza della vita. I sogni ti svegliano, di portano in là, sono le stelle più luminose, quelle che indicano un cammino diverso per l’umanità.
I sogni della comodità, i sogni del solo benessere: “No, no, io sto bene così, non vado più avanti”. Ma questi sogni ti faranno morire, nella vita! Faranno che la tua vita non sia una cosa grande! I sogni della tranquillità, i sogni che addormentano i giovani e che fanno di un giovane coraggioso un giovane da divano.
I sogni grandi hanno bisogno di Dio per non diventare miraggi o delirio di onnipotenza. Tu puoi sognare le cose grandi, ma da solo è pericoloso, perché potrai cadere nel delirio di onnipotenza. Ma con Dio non aver paura: vai avanti. Sogna in grande.
I sogni ci sono dati gratuitamente, ma perché noi li diamo anche gratuitamente agli altri. Offrite i vostri sogni: nessuno, prendendoli, vi farà impoverire. Offriteli agli altri gratuitamente.
In tutto Gesù va controcorrente: prima lascia il successo, poi la tranquillità. Ci insegna il coraggio di lasciare: lasciare il successo che gonfia il cuore e la tranquillità che addormenta l’anima.
Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso.
I migranti sono nostri fratelli e sorelle che cercano una vita migliore lontano dalla povertà, dalla fame, dallo sfruttamento e dall’ingiusta distribuzione delle risorse del pianeta, che equamente dovrebbero essere divise tra tutti.
Non devono esserci poveri e non c’è peggiore povertà di quella che non ci permette di guadagnarci il pane, che ci priva della dignità del lavoro.
Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto.
La vita di ogni comunità esige che si combattano fino in fondo il cancro della corruzione, il cancro dello sfruttamento umano e lavorativo e il veleno dell’illegalità. Dentro di noi e insieme agli altri, non stanchiamoci mai di lottare per la verità e la giustizia.
Esiste una classe media della santità di cui tutti possiamo fare parte.
Sentire Misericordia, questa parola, cambia tutto. E’ il meglio che noi possiamo sentire. Cambia il mondo.
Dio perdona sempre, altrimenti il mondo non esisterebbe.
Non accontentatevi del passo prudente di chi si accoda in fondo alla fila. Ci vuole il coraggio di rischiare un salto in avanti, un balzo audace e temerario per sognare e realizzare come Gesù il Regno di Dio, e impegnarvi per un’umanità più fraterna. Abbiamo bisogno di fraternità: rischiate, andate avanti!
Camminando insieme, in questi giorni, avete sperimentato quanto costa fatica accogliere il fratello o la sorella che mi sta accanto, ma anche quanta gioia può darmi la sua presenza se la ricevo nella mia vita senza pregiudizi e chiusure.
I giovani sanno bene quando c’è il vero amore e quando c’è il semplice entusiasmo truccato da amore: voi distinguete bene questo, non siete scemi, voi! E per questo, abbiamo il coraggio di parlare dell’amore. L’amore non è una professione: l’amore è la vita.
Camminare è aprire frontiere, uscire, aprire porte e cercare strade. Camminare… Non stare seduti; non installarsi, nel cattivo senso della parola.
L’amore è fedele. Se c’è infedeltà, non c’è amore; o è un amore malato, o piccolo, che non cresce.
Un cristiano non è un’isola! Noi non diventiamo cristiani in laboratorio, noi non diventiamo cristiani da soli e con le nostre forze.
Se l’amore ha bisogno della verità, anche la verità ha bisogno dell’amore. Amore e verità non si possono separare. Senza amore, la verità diventa fredda, impersonale, oppressiva per la vita concreta della persona. La verità che cerchiamo, quella che offre significato ai nostri passi, ci illumina quando siamo toccati dall’amore.
Le bilance del Signore sono diverse dalle nostre. Lui pesa diversamente le persone e i loro gesti: Dio non misura la quantità ma la qualità, scruta il cuore, guarda alla purezza delle intenzioni.
Non si possono, infatti, costruire ponti tra gli uomini, dimenticando Dio. Ma vale anche il contrario: non si possono vivere legami veri con Dio, ignorando gli altri.
Rinunciare al male significa dire no alle tentazioni, al peccato, a satana, più in concreto significa dire no a una cultura della morte, che si manifesta nella fuga dal reale verso una felicità falsa che si esprime nella menzogna, nella truffa, nell’ingiustizia, nel disprezzo dell’altro.
Pensate bene all’amore, pensateci sul serio. Non abbiate paura di pensare all’amore: ma all’amore che rischia, all’amore fedele, all’amore che fa crescere l’altro e reciprocamente crescono.
Il messaggio di Gesù, la Chiesa senza testimonianza è soltanto fumo. Sarò felice di vedervi correre più forte di chi nella Chiesa è un po’ lento e timoroso, attratti da quel Volto tanto amato
I bambini e i nonni sono la speranza di un popolo. I bambini, i giovani perché lo porteranno avanti, porteranno avanti questo popolo; e i nonni perché hanno la saggezza della storia, sono la memoria di un popolo.
Penso tante volte a Gesù che bussa alla porta, ma da dentro, perché lo lasciamo uscire, perché noi tante volte, senza testimonianza, lo teniamo prigioniero delle nostre formalità, delle nostre chiusure, dei nostri egoismi, del nostro modo di vivere clericale.
Una persona che lavora dovrebbe avere anche il tempo per ritemprarsi, stare con la famiglia, divertirsi, leggere, ascoltare musica, praticare uno sport. Quando un’attività non lascia spazio a uno svago salutare, a un riposo riparatore, allora diventa una schiavitù.
La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore.
Come indurisce il cuore la coscienza isolata!
Vivere come una lampada accesa! Questa è la vocazione cristiana.
Il desiderio di connessione digitale può finire per isolarci dal nostro prossimo, da chi ci sta più vicino. Senza dimenticare che chi, per diversi motivi, non ha accesso ai media sociali, rischia di essere escluso.
Uscire da sé stessi è uscire anche dal recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è di Dio.
Solo lo Spirito può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e allo stesso tempo fare l’unità. Perché quando siamo noi a voler fare la diversità facciamo gli scismi e quando siamo noi a voler fare l’unità facciamo l’uniformità, l’omologazione.
La vecchiaia è la sede della sapienza della vita.
Condividere è il vero modo di amare.
Educare è un atto d’amore, è dare vita.
La coerenza è uno sforzo, ma soprattutto è un dono e una grazia. E dobbiamo chiederla!
Che un nonno, una nonna, che forse non può più parlare, che è paralizzato, e il nipote o il figlio arriva e gli prende la mano, e in silenzio la accarezza, niente di più. Questa è la cura della vita.
Cristo è il centro. Cristo è il riferimento fondamentale, il cuore della Chiesa. Senza di Lui, Pietro e la Chiesa non esisterebbero né avrebbero ragion d’essere.
Non c’è nessuna giustificazione religiosa e umana per queste cose, questo non è umano. (In riferimento agli attentati di Parigi del 2015)
Vivere insieme è un’arte, un cammino paziente, bello e affascinante. Non finisce quando vi siete conquistati l’un l’altro… Anzi, è proprio allora che inizia!
Dio dona forza alla nostra debolezza, ricchezza alla nostra povertà, conversione e perdono al nostro peccato.
Il creato non è una proprietà, di cui possiamo spadroneggiare a nostro piacimento; né, tanto meno, è una proprietà solo di alcuni, di pochi: il creato è un dono, è un dono meraviglioso che Dio ci ha dato, perché ne abbiamo cura e lo utilizziamo a beneficio di tutti, sempre con grande rispetto e gratitudine.
Il cielo non si compra con i soldi.
La nostra fede si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa.
L’amore non può sopportare di rimanere rinchiuso in se stesso. Per sua stessa natura è aperto, si diffonde ed è fecondo, genera sempre nuovo amore.
Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso, se ciascuno può rivendicare sempre e solo il proprio diritto, senza curarsi allo stesso tempo del bene degli altri, di tutti, a partire dalla natura che accomuna ogni essere umano su questa terra.
Per un figlio non c’è insegnamento e testimonianza più grande che vedere i propri genitori che si amano con tenerezza, si rispettano, sono gentili tra di loro, si perdonano a vicenda: ciò che riempie di gioia e di felicità vera il cuore dei figli. I figli, prima di abitare una casa fatta di mattoni, abitano un’altra casa, ancora più essenziale: abitano l’amore reciproco dei genitori.
Sono sicuro che ho raccontato questa storia, una storia che io ho sentito da bambino, a casa mia. Racconto che in una famiglia il nonno abitava lì, col figlio, la nuora, i nipotini. Ma il nonno era invecchiato, aveva avuto un piccolo ictus, era anziano e quando era a tavola e mangiava, si sporcava un po’. Il papà aveva vergogna di suo padre. E diceva: “Ma, non possiamo invitare gente a casa…”. E ha deciso di fare un tavolo piccolo, in cucina, perché il nonno prendesse il pasto da solo in cucina. La cosa è andata così… Alcuni giorni dopo, arriva a casa dopo il lavoro e trova suo figlio – 6-7 anni – che giocava con legni, col martello, con i chiodi… “Ma cosa fai, ragazzo?” – “Sto facendo un tavolino…” – “E perché?” – “Perché quando tu sarai vecchio, potrai mangiare da solo come mangia il nonno!”.
Un popolo che non si prende cura dei bambini e degli anziani è un popolo in declino.
La crisi mondiale che tocca la finanza e l’economia sembra mettere in luce le loro deformità e soprattutto la grave carenza della loro prospettiva antropologica, che riduce l’uomo a una sola delle sue esigenze: il consumo.
La parola “Chiesa”, dal greco ekklesia, significa “convocazione”: Dio ci convoca, ci spinge ad uscire dall’individualismo, dalla tendenza a chiudersi in se stessi e ci chiama a far parte della sua famiglia.
A me piace fare il vescovo, mi piace. A Buenos Aires ero tanto felice, tanto felice. Sono stato felice, il Signore mi ha assistito in quello. Sono stato prete e sono stato felice, e come vescovo sono stato felice, in questo senso mi piace. Anche come Papa… quando il Signore ti mette lì, se fai quello che chiede il Signore sei felice.
Mi piace stare tra la gente, insieme a chi soffre, andare nelle parrocchie. Non mi piacciono le interpretazioni ideologiche, una certa mitologia di Papa Francesco. (…) Dipingere il Papa come una sorta di superman, una specie di star, mi pare offensivo. Il Papa è un uomo che ride, piange, dorme tranquillo e ha amici come tutti. Una persona normale.
Fare il lavoro di vescovo è una cosa bella. Il problema è quando uno lo ambisce, e quello non è tanto bello, quello non è del Signore.
Esiste anche un’altra povertà! È la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi.
Una parte importante dell’umanità continua ad essere esclusa dai benefici del progresso e, di fatto, relegata a esseri umani di seconda categoria.
Non facciamoci rubare la speranza, non permettiamo che sia vanificata con soluzioni e proposte immediate che ci bloccano nel cammino.
Fratelli tutti (3 ottobre 2020) è la terza enciclica di papa Francesco scritta nel suo ottavo anno di pontificato. Annunciata dalla Sala stampa vaticana il 5 settembre 2020, è stata firmata dal Papa il 3 ottobre 2020, in occasione della visita al santuario di Assisi, ed è stata resa pubblica il 4 ottobre, giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda san Francesco d’Assisi. Il nucleo tematico è rappresentato dalla fraternità e dalla amicizia sociale, a partire da riflessioni circa la pandemia da COVID-19 del 2020.Fratelli tutti è la terza enciclica di papa Francesco scritta nel suo ottavo anno di pontificato. Annunciata dalla Sala stampa vaticana il 5 settembre 2020, è stata firmata dal Papa il 3 ottobre 2020, in occasione della visita al santuario di Assisi, ed è stata resa pubblica il 4 ottobre, giorno in cui la Chiesa cattolica ricorda san Francesco d’Assisi. Il nucleo tematico è rappresentato dalla fraternità e dalla amicizia sociale, a partire da riflessioni circa la pandemia da COVID-19 del 2020.Il titolo,
Fratelli tutti, riprende un’espressione di Francesco d’Assisi, ed è in italiano anche nelle versioni in altre lingue.
L’enciclica è suddivisa in otto capitoli e 287 punti; il documento si conclude con due preghiere: una «al Creatore» e l’altra «cristiana ecumenica» per infondere «uno spirito di fratelli».
Capitolo I – Le ombre di un mondo chiuso
Capitolo II – Un estraneo sulla strada
Capitolo III – Pensare e generare un mondo aperto
Capitolo IV – Un cuore aperto al mondo intero
Capitolo V – La migliore politica
Capitolo VI – Dialogo e amicizia sociale
Capitolo VII – Percorsi di un nuovo incontro
Capitolo VIII – Le religioni al servizio della fraternità nel mondo
Laudato si‘ è la seconda enciclica di papa Francesco scritta nel suo terzo anno di pontificato. Benché porti la data del 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste, il testo è stato reso pubblico solo il 18 giugno successivo. Il nome Laudato si’ deriva dal Cantico delle creature di san Francesco, che loda il Signore per le sue meravigliose creature.Laudato si’ è la seconda enciclica di papa Francesco scritta nel suo terzo anno di pontificato. Benché porti la data del 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste, il testo è stato reso pubblico solo il 18 giugno successivo. Il nome Laudato si’ deriva dal Cantico delle creature di san Francesco, che loda il Signore per le sue meravigliose creature.L’argomento principale trattato è l’interconnessione tra crisi ambientale della Terra e crisi sociale dell’umanità, ossia l’ecologia integrale. Papa Francesco ha precisato infatti che “non si tratta di un’enciclica verde ma di un’enciclica sociale”.
In concomitanza con la presentazione dell’enciclica, papa Francesco ha istituito la giornata mondiale di preghiera per la cura del creato. L’enciclica, come è tipico nei testi pontifici, prende il nome dall’Incipit. Il titolo e le parole di apertura dell’enciclica sono tratte dal Cantico di San Francesco d’Assisi, il più antico testo poetico in lingua italiana di cui si conosca l’autore:(IT) «Laudato si, mi Signore, cun tucte le creature tue»(San Francesco d’Assisi, Cantico delle Creature). Papa Francesco ha scritto nell’enciclica che ha scelto i nomi Francesco Papa, perché per lui San Francesco è stato “una sorta di dichiarazione di intenti e una fonte d’ispirazione”: «Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità.»
Lumen fidei è la prima enciclica di papa Francesco, pubblicata il 29 giugno 2013, nell’anno della fede. Il testo della lettera enciclica è stato iniziato da papa Benedetto XVI durante il suo pontificato, poi consegnato al suo successore Francesco che ne ha esteso e firmato il lavoro.Lumen fidei è la prima enciclica di papa Francesco, pubblicata il 29 giugno 2013, nell’anno della fede. Il testo della lettera enciclica è stato iniziato da papa Benedetto XVI durante il suo pontificato, poi consegnato al suo successore Francesco che ne ha esteso e firmato il lavoro.In essa viene affrontato il tema della fede, in continuità con le due precedenti encicliche di papa Benedetto XVI, Deus caritas est e Spe salvi, dedicate rispettivamente alla carità e alla speranza, chiudendo così la trilogia sulle virtù teologali.Contenuto:
L’enciclica consta di sessanta paragrafi, suddivisi fra un’introduzione (sette paragrafi) e quattro capitoli.Introduzione:
L’introduzione presenta il tema della fede vista come una luce che illumina e come una luce da “riscoprire”.
Capitolo I: Abbiamo creduto all’amore. Il primo capitolo presenta la dinamica della fede attraverso il racconto biblico della storia della salvezza: da Abramo al popolo di Israele, fino al compimento della fede in Gesù e alla riflessione su di lui operata dagli scritti del Nuovo Testamento.
Capitolo II: Se non credete, non comprenderete. Il secondo capitolo mette a tema il rapporto tra fede e verità, amore e ragione: il pontefice sostiene non esserci contrapposizione tra fede e ragione, ma reciproco arricchimento.
Capitolo III: Vi trasmetto quello che ho ricevuto. Il terzo capitolo presenta gli strumenti con cui suscitare e far crescere la fede: innanzitutto la comunità dei credenti, cioè la Chiesa; inoltre il battesimo e gli altri sacramenti; infine la preghiera del Padre nostro e il decalogo.
Capitolo IV: Dio prepara per loro una città. L’ultima parte dell’enciclica presenta la rilevanza della fede rispetto ad alcuni temi della vita sociale: il bene comune, la famiglia, la società, la sofferenza.Conclusione: L’enciclica termina con una riflessione e una preghiera rivolta a Maria, indicata come modello per ogni credente.