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18 Apr2022

PENTECOSTE 2022

Pubblicato da Franco nella categoria Approfondimenti, Chiesa, News, Uncategorized

In origine era la festa ebraica che segnava l’inizio della mietitura e si celebrava 50 giorni dopo la Pasqua ebraica. Nel Cristianesimo, invece, indica la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo. Assieme alla Pasqua è una delle solennità più importanti dell’anno liturgico.

A Pentecoste si ricorda e si celebra la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo. La Chiesa, in questa solennità, vede il suo vero atto di nascita d’inizio missionario, considerandola insieme alla Pasqua, la festa più solenne di tutto il calendario cristiano.

QUALI SONO LE ORIGINI EBRAICHE DELLA FESTA?

Gli Ebrei la chiamavano “festa della mietitura e dei primi frutti”; si celebrava il 50° giorno dopo la Pasqua ebraica e segnava l’inizio della mietitura del grano; nei testi biblici è sempre una festa agricola. È chiamata anche “festa delle Settimane”, per la sua ricorrenza di sette settimane dopo la Pasqua; nel greco “Pentecoste” significa 50° giorno. Il termine Pentecoste, riferendosi alla “festa delle Settimane”, è citato in Tobia 2,1 e 2 Maccabei, 12, 31-32. Lo scopo originario di questa ricorrenza era il ringraziamento a Dio per i frutti della terra, cui si aggiunse più tardi, il ricordo del più grande dono fatto da Dio al popolo ebraico, cioè la promulgazione della Legge mosaica sul Monte Sinai. Secondo il rituale ebraico, la festa comportava il pellegrinaggio di tutti gli uomini a Gerusalemme, l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un’adunanza sacra e particolari sacrifici; ed era una delle tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Capanne, Pentecoste), che ogni devoto ebreo era invitato a celebrare a Gerusalemme.

IN QUALE PASSO DELLA BIBBIA SI RACCONTA L’EPISODIO DELLA DISCESA DELLO SPIRITO SANTO?

Al capitolo 2 degli Atti degli Apostoli. Gli apostoli insieme a Maria, la madre di Gesù, erano riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo, probabilmente della casa della vedova Maria, madre del giovane Marco, il futuro evangelista, dove presero poi a radunarsi abitualmente quando erano in città; e come da tradizione, erano affluiti a Gerusalemme gli ebrei in gran numero, per festeggiare la Pentecoste con il prescritto pellegrinaggio. «Mentre stava per compiersi il giorno di Pentecoste», si legge, «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti, di ogni Nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita, perché ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. Erano stupefatti e, fuori di sé per lo stupore, dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?…»

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15 Dic2021

IL VOLTO SANTO DI GESU’

Pubblicato da Franco nella categoria Chiesa, Spiritualità

 

Il Volto Santo è una raffigurazione del volto di Gesù Cristo conservata a Manoppello nella Basilica del Volto Santo

Si tratta di un velo tenue che ritrae l’immagine di un volto, un viso maschile con i capelli lunghi e la barba divisa a bande, da alcuni ritenuto essere corrispondente al volto fisico di Cristo Gesù.

I fili orizzontali del telo sono ondeggianti e di semplice struttura; l’ordito e la trama, visibili ad occhio nudo, si intrecciano a formare una normale tessitura. Le misure del panno sono 0,17 x 0,24 m.

La Storia

Questa reliquia di origine ignota giunse a Manoppello nel 1500, portata da uno sconosciuto pellegrino, scomparso senza lasciare traccia subito dopo aver consegnato il Velo al medico Giacinto Antonio Leonelli.

Un racconto, in parte leggendario, di padre Donato di Bomba, la Relatione Historia,  confermato da un atto notarile del 1646, per la donazione del Velo ai padri cappuccini da parte del dottor Antonio de Fabritiis, narra che il Velo nel 1506 fu lasciato in dono da uno sconosciuto al dottor Giacomo Antonio Leonelli, e che la sua famiglia lo conservò fintanto che Marzia Leonelli lo vendette a Donato Antonio de Fabritiis. Il nuovo proprietario pensò subito a dare una sistemazione più conveniente al Velo, ridotto ormai in cattive condizioni, pregò perciò il padre Clemente da Castelvecchio di affidare all’arte di frate Remigio da Rapino la sistemazione del Velo. Esso lavorò la cornice di noce e preparò i due vetri che ancora oggi racchiudono l’immagine. Padre Clemente avrebbe però eliminato, intorno al Volto, tutto il resto della tela che aveva la proporzione di una tovaglia, che avrebbe potuto costituire un indizio per stabilire la località di origine. Una volta risolto il problema della conservazione, De Fabritiis si recò dai padri cappuccini nel 1638 che inserirono la reliquia nella loro chiesa. Nel 1703 la festa della Trasfigurazione del Signore incominciava ad essere la festa propria del Volto Santo.

È tuttora conservata nel paese abruzzese, nell’omonimo Santuario.

Il 1° settembre 2006, Papa Benedetto XVI  si è recato in visita privata a Manoppello, accolto dall’Arcivescovo di Chieti Bruno Forte e dai vescovi della Regione Ecclesiastica Abruzzo-Molise, dai sacerdoti della Diocesi Teatina e da 7000 fedeli; ha fatto visita al santuario per venerare la reliquia, senza peraltro pronunciarsi sul fatto che il Volto possa essere o meno un’immagine Acheropita e che possa essere identificata con l’immagine rimasta impressa sul sudario con cui la Veronica asciugò il viso di Gesù. Dopo tale visita Papa Benedetto XVI ha elevato il santuario a Basilica minore.

Il Sacro Volto e il Velo della Veronica

Il Velo della Veronica era esposto nell’antica Basilica di San Pietro in Vaticano già nell’Anno Santo del 1300, tanto che lo stesso Dante  ne parla nel canto XXXI del Paradiso (vv. 103-111) e Petrarca in “Movesi il vecchierel…” (sonetto XVI del Canzoniere): dove si trovava in una cappella, abbattuta nel 1608, circostanza in cui fu rubata rompendo il vetro del reliquiario.

Il gesuita Heinrich Pfeiffer, docente di Iconologia e Storia dell’Arte Cristiana alla Pontificia  Università Gregoriana, dopo 13 anni di studi è convinto si tratti del sudario poggiato sul volto di Cristo dopo essere stato posto nel sepolcro, mentre Fanti e Jaworski fanno notare delle interessanti analogie con la Sindone di Torino, sebbene con diversa forma e dimensioni.

Inoltre, padre Pfeiffer ha indagato sistematicamente le opere artistiche che ritraggono il volto di Gesù secondo il Velo prima del divieto in tal senso imposto da Papa Paolo V nel 1616: in questo modo ha scoperto che diversi dettagli (occhi aperti, il taglio dei capelli, le tracce di sangue, la conformazione del viso, le caratteristiche della barba sono tutti riscontrabili nel volto che si trova a Manoppello.

Tale ipotesi però contrasta con le testimonianze che vogliono il tessuto a Manoppello già nel 1506, perché il furto del Velo della Veronica e del 1608.

In effetti una copia della “Relation Historia” conservata all’Aquila riporta un’annotazione secondo la quale nello stesso anno il marito di Marzia Leonelli avrebbe trafugato la reliquia dalla casa del suocero e Pancrazio Petrucci era un soldato di ventura. Solo nel 1646 venne letta pubblicamente insieme al documento attestante la donazione e si procedette per la prima volta all’esposizione del Volto Santo. Restano quindi incerte la data e le circostanze in cui la Veronica, sparita da Roma, giunse a Manoppello.

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14 Dic2021

MIRACOLO EUCARISTICO DI LANCIANO

Pubblicato da Franco nella categoria Chiesa, Spiritualità, Uncategorized

   
La datazione

Non abbiamo nessun elemento in mano che ci permetta di fissare il giorno, il mese o l’anno preciso in cui l’Evento si è verificato. La voce della testimonianza storica tardiva e la testimonianza della tradizione orale unanime inquadrano il Fatto entro la cornice dell’VII secolo, senza ulteriori precisazioni.

Un qualche aiuto ci viene dalla storia del secolo in questione. Sappiamo per certo che in Oriente, sotto l’Imperatore Leone III, si scatenò virulenta la lotta iconoclasta contro il culto delle immagini sacre, culto ritenuto legittimo e teologicamente ineccepibile dalla Chiesa romana. Una dolorosa vicenda datata all’anno 725 e che determinò un incremento del flusso migratorio dei monaci greci in Italia, tra cui la piccola comunità approdata a Lanciano.

Alla luce di questo generale quadro di riferimento, possiamo ritenere fondatamente e ragionevolmente che il Miracolo si sia verificato tra gli anni 730-750 dell’era cristiana, con buona approssimazione.

La conferma documentaria

Prescindendo dai positivi risultati della ricerca scientifica, chi desidera conoscere la storia e il culto delle Reliquie del Miracolo Eucaristico, ha disponibili altri dati informativi disseminati nel tempo; tuttavia non dovrebbe sorprendere nessuno la scarsità del materiale documentario su un evento che risale al 700 d.C. Purtroppo e non solo dalla frequentazione archivistica, ma anche da altre fonti risulta di constatare la scomparsa sconsiderata di documenti e la distruzione incosciente di pergamene avvenuta in Lanciano e altrove. In generale, ciò può attribuirsi sia alle precarie condizioni politiche e sociali verificatesi su vasta scala, soprattutto intorno al mille, sia ad altre cause: alla scarsità dei mezzi di comunicazione scritta (quasi tutto era affidato alla tradizione orale o all’opera indefessa dei pochi amanuensi) si aggiungano gli incendi e i saccheggi divoratori, le frequenti guerre e gli immancabili terremoti, l’incuria umana e l’indifferente utilizzazione delle pergamene come copertine di volumi, come coppe per l’illuminazione a petrolio o comune carta per avvolgervi merce varia.

Il primo documento scritto è del 1631 e riferisce nei minimi particolari l’accaduto al monaco. Nei pressi del presbiterio del santuario, sul lato destro della Cappella Valsecca, si può leggere l’epigrafe datata 1636, dove in sintesi è narrato l’Evento.

Possiamo aggiungere in questa sezione anche le diverse Ricognizioni sul Miracolo. Esse sono verifiche storiche e giuridiche per affermare nei secoli l’autenticità del Miracolo da parte dell’Autorità ecclesiastica.

La prima Ricognizione avvenne nel 1574 dall’Arcivescovo Gaspare Rodriguez, il quale constatò che il peso totale dei cinque grumi di sangue equivaleva al peso di ciascuno di essi. Questo fatto straordinario non fu verificato ulteriormente. Il peso attuale complessivo di grumi è di g. 16,505, quello di ciascuno di essi è di g. 8; di g. 2,45; di g. 2,85; di g. 2,05 e di g. 1,15. Bisogna aggiungere mg. 5 di polvere di sangue. Diversi documenti attestano a partire dal secolo XVI, la venerazione resa alle “reliquie” e l’uso che si aveva di portarle in processione in momenti di necessità gravi e urgenti.

Altre ricognizioni avvennero nel 1637, 1770, 1866, 1970.

Per onestà intellettuale si deve anche affermare che il peso di uno quanto tutti, si verificò solo nel 1574. Ciò non fu riscontrato in nessuna delle successive ricognizioni, compresa quella del Linoli del 1970-71. Casualità, miracolo? Non si sa. Questo fatto però per il Miracolo di Lanciano é solo marginale. Lo si dice perché é scritto nella lapide del 1636.

La localizzazione

Siamo nel “bel Paese”, l’Italia, nella regione Abruzzo, in provincia di Chieti, nella città di Lanciano. A due passi dalla centralissima piazza Plebiscito, nel cuore del centro storico era aperta al pubblico una chiesetta dedicata a San Legonziano, affidata dal senato e dal popolo di Lanciano ad un modesto nucleo di monaci basiliani, approdati nel capoluogo frenano come profughi. Il Miracolo Eucaristico si verificò in tale tempio e tra le mani di uno di questi monaci orientali.

Recenti ricerche archeologiche confermano abbondantemente la presenza di bizantini in zona all’epoca di cui parliamo. Si sono, infatti, rinvenuti reperti ceramici decorati a bande, tipici dell’età bizantina. L’archeologo Andrea Staffa sostiene: “Esattamente al di sotto dell’attuale altare del Santuario (della chiesa di san Francesco) è stata evidenziata un’aula in muratura di conci quadrangolari di pietra, forse riconducibili all’impianto originario del luogo di culto”.

Le Reliquie del Miracolo furono custodite nella chiesetta originaria sino al 1258, passando successivamente dalle mani dei basiliani in quelle dei benedettini (c. 1074) e, dopo la parentesi arcipretale (1229-1252), nelle mani dei francescani. La vicinanza del fiorente monastero di san Giovanni in Venere (alla periferia di Fossacesia), monastero oggi affidato ai Padri Passionisti, in coincidenza con il tramonto della presenza bizantina, favorì l’insediamento dei benedettini nella chiesa di San Legonziano, appunto tra gli anni 1047 e 1076. Il monastero benedettino cominciò a vivere e a conoscere la sua inarrestabile parabola discendente a partire dagli anni 1225, in seguito a fattori interni e a comportamenti antimperiali, che ne decretarono l’espulsione da Lanciano nel 1229.

E così la chiesa del Miracolo fu affidata al clero locale, nella persona dell’arciprete fino alla venuta dei francescani il 3 aprile dell’anno 1252. Nel 1258 i frati francescani ricostruirono la chiesa e la dedicarono a San Francesco. Questi religiosi, a loro volta, dovettero lasciare il luogo nel 1809, quando Napoleone I soppresse gli ordini religiosi. Essi riebbero il loro antico convento solo nel giugno 1953.

Le reliquie, chiuse in un reliquiario d’avorio, furono custodite prima nella chiesa di San Legonziano, poi in quella di San Francesco. Al tempo delle incursioni dei turchi negli Abruzzi, un frate minore, chiamato Giovanni Antonio di Mastro Renzo, volle salvarle e, il 1 agosto 1566, partì portandole con sé. Ma dopo aver camminato tutta la notte, si trovò il mattino dopo, ancora alle porte di Lanciano.

Capì allora che lui e i suoi compagni dovevano rimanervi per conservare le reliquie. Queste, una volta passato il pericolo, furono poste su un altare degno di esse, sul lato destro dell’unica navata della chiesa conventuale.

Furono chiuse in un vaso di cristallo, deposto, questo, in un armadio di legno, chiuso con quattro chiavi. Nel 1920, furono poste (le reliquie) dietro il nuovo altare maggiore. Dal 1923, la “carne” è esposta nella raggiera di un ostensorio, mentre i grumi di sangue disseccato, sono contenuti in un specie di calice di cristallo ai piedi di questo ostensorio.

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