13 Feb2021
Pubblicato da Franco nella categoria Uncategorized
Storia della Quaresima
Chiamiamo Quaresima quel periodo di preghiera e di penitenza, durante il quale la Chiesa prepara le anime a celebrare degnamente il mistero della Redenzione.
La preghiera.
A tutti i fedeli, anche i più ferventi, essa offre questo tempo come ritiro annuale che loro offre l’occasione di riparare le negligenze passate e ravvivare la fiamma del loro zelo. Offre ai catecumeni, come nei primi secoli, l’istruzione e la preparazione alla fede battesimale; richiama ai penitenti la gravità del peccato, per eccitarli al pentimento e ai buoni propositi, e promette loro il perdono del Cuore di Nostro Signore.
Nel xlix capitolo della sua Regola, san Benedetto raccomanda ai suoi monaci che si applichino, durante questo santo tempo, a una preghiera “accompagnata da lacrime”, siano esse del pentimento o dell’amore.
Nella messa di ciascun giorno il cristiano, a qualsiasi stato appartenga, troverà le più belle formule di preghiere, con le quali si rivolgerà a Dio. Antiche spesso di quindici e più secoli, s’adattano sempre alle aspirazioni d’ognuno e ai bisogni di tutti i tempi.
La penitenza.
La penitenza s’esercita, o meglio s’esercitava, principalmente mediante la pratica del digiuno. Le temporanee dispense concesse dal Sovrano Pontefice alcuni anni fa non costituiscono per noi una ragione sufficiente di sottacere un dovere così importante, al quale fanno incessante allusione le orazioni di ogni messa di Quaresima, e di cui tutti debbono almeno conservare lo spirito, qualora la durezza dei tempi che si attraversano o la gracilità della salute non ne permetterà l’osservanza in tutta la sua estensione e il suo rigore.
Essa risale ai primi tempi del cristianesimo, ed è anche anteriore. La pratica del digiuno fu osservata dai profeti Mosè ed Elia, i cui esempi ci saranno esposti il mercoledì della prima settimana di Quaresima; per quaranta giorni e quaranta notti fu osservata da Nostro Signore in modo assoluto, senza prendere il minimo alimento; e sebbene egli non abbia voluto farne un precetto, che non sarebbe stato più suscettibile di dispense, pure tenne a dichiarare che il digiuno, spesso comandato da Dio nell’Antica Legge, sarebbe stato osservato anche dai figli della Nuova Legge.
Un giorno i discepoli di Giovanni si avvicinarono a Gesù e gli dissero: “Per qual motivo, mentre noi e i farisei digiuniamo spesso, i tuoi discepoli non digiunano?” E Gesù rispose loro: “Come è possibile che gli amici dello sposo possano fare lutto finché lo sposo è con loro? Verranno poi i giorni in cui lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno” (Mt 9,14-15).
I primi cristiani si ricordarono di quelle parole di Gesù, e cominciarono molto presto a passare nel digiuno assoluto i tre giorni (che per loro era uno solo) del mistero della Redenzione, cioè dal Giovedì santo al mattino di Pasqua.
Fin dal II e III secolo abbiamo la prova che in parecchie Chiese si digiunava il Venerdì e il Sabato santo e sant’Ireneo, nella lettera la papa san Vittore, afferma che molte Chiese d’Oriente facevano la stessa cosa durante tutta la Settimana santa. Il digiuno pasquale si estese poi nel IV secolo, fino a che la preparazione alla festa di Pasqua, attraverso un periodo di crescente aumento, divenne di quaranta giorni, cioè Quadragesima o Quaresima.
La più antica menzione della “Quarantena”, in Oriente, si riscontra nel can. V del Concilio di Nicea (325). Il vescovo di Tmuis, Serapione, attesta a sua volta, nel 331, che la “Quaresima” era al suo tempo una pratica universale, sia in Oriente che in Occidente. I Padri, come sant’Agostino (discorso 210) dicono antichissima tale pratica; e san Leone (discorso 6) arriva a pensare, però a torto, che risaliva ai tempi apostolici. I primi a parlarci del digiuno quaresimale furono i Padri, e tra loro sant’Ambrogio e san Girolamo.
I Sermoni di sant’Agostino dimostrano che la Quaresima cominciava sei domeniche prima di Pasqua. Siccome la domenica non si digiunava, non rimanevano che 34 giorni, 36 col Venerdì e il Sabato santo; tuttavia la Quaresima restava sempre una “quarantena” di preparazione alla solennità della Pasqua. Difatti anche allora, e come adesso, non era il digiuno l’unico mezzo per prepararsi alla Pasqua. Sant’Agostino insiste che al digiuno vada aggiunto: il fervore della preghiera, l’umiltà, la rinuncia ai desideri meno buoni, la generosità nell’elemosina, il perdono delle offese e la pratica d’ogni opera di pietà e di carità.
Della medesima durata consta in Ispagna nel VII secolo, nella Gallia e a Milano. Per sant’Ambrogio il Venerdì santo è la grande solennità del mondo: la stessa festa di Pasqua comprende il triduo della morte, della sepoltura e della risurrezione di Cristo (Lettera 23.a). La domenica s’interrompeva il digiuno, ma non s’abbandonava mai, grazie alla liturgia, il colore penitenziale.
Anche san Leone afferma che la Quaresima è un periodo è un periodo di quaranta giorni che termina il Giovedì santo sera; e, come sant’Agostino, dopo aver insistito sui vantaggi del digiuno corporale, raccomanda energicamente l’esercizio della mortificazione e della penitenza, e sopra tutto l’aborrimento del peccato e la pratica fervente delle opere buone e di tutte le virtù.