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Domenica Solennità della SS. Trinità 2021 Anno (B)
30 Maggio, 2021
In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
Il Vangelo di Matteo termina con un apostolo in meno. Sono undici, non più dodici, i discepoli convocati sul monte per l’invio missionario sino ai confini della terra. La ferita nel collegio apostolico dice sempre la sproporzione tra la santità del compito e la povertà del mezzo; è la storia di ciascuno di noi. Da notare l’accostamento: i discepoli si prostrano davanti a Gesù, ma dubitano; hanno fede e conservano il dubbio, la fatica di credere. Forse per questo Gesù non solo si fa vedere, ma si avvicina, riduce ulteriormente la distanza e moltiplica l’incoraggiamento, basandosi sulla sua potenza: “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra! Andate, dunque!”.
La grande missione di far discepoli tutti i popoli, figli dell’unico Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, è attuale anche oggi; siamo sempre all’inizio del mandato poiché in molti luoghi deve essere ancora intrapresa, ma anche perché in altre terre deve essere ri-cominciata da capo. Non si dice, infatti, che viviamo in Paesi post-cristiani? In società secolarizzate? Quanti luoghi – di antica fede cristiana – oggi sono letteralmente dei deserti di rovine?
Ciò che fa fiorire il deserto è la promessa – mantenuta! – della presenza di Gesù fra noi, fino alla fine del mondo. La storia della Chiesa, la fede dei santi e dei piccoli, i miracoli, la bellezza della dottrina, la testimonianza di tanti… ne è la prova. Tutti i giorni facciamo l’esperienza della sua presenza.
Emerge la figura di Gesù maestro, che trasmette ai discepoli il potere ricevuto dal Padre. La convocazione sul monte in Galilea è immagine della liturgia, la messa domenicale. Lì facciamo esperienza della sua presenza nell’Eucaristia, nella Parola, nella fraternità della comunione, nel mandato missionario.
San Paolo VI, uomo pensoso e fervido credente, scrisse il suo “credo”: “Noi crediamo in un solo Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, creatore delle cose visibili, invisibili e Creatore in ciascun uomo dell’anima spirituale e immortale. Noi crediamo che questo unico Dio (…) è Colui che È, ed egli è Amore: cosicché questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa Realtà divina di colui che ha voluto darsi a conoscere a noi (…). Dio solo può darci la conoscenza giusta e piena di se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo, alla cui eterna vita noi siamo chiamati per grazia di lui a partecipare, quaggiù nell’oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce perpetua, l’eterna vita”.
La domanda di Mosé al popolo smarrito nel deserto – vi è mai stata cosa più grande di questa: che un popolo abbia udito la voce di Dio? – è l’intuizione credente che l’inimmaginabile è divenuto accessibile e l’inaudito sperimentato. In Gesù, poi, la voce, la Parola di Dio, si è fatta visibile, carne dell’uomo. Gesù, porta di accesso al mistero del Dio cristiano, al termine della sua vicenda terrena, convoca i suoi sul monte dinanzi al mondo e li manda perché tutti gli uomini conoscano e vivano di questo Dio. Gesù ha compiuto la sua opera di rivelazione, ma non termina la sua presenza; anzi, proprio lo speciale rapporto che il risorto ha con ogni uomo è la motivazione dell’universalità della missione della Chiesa. Il Vangelo del Dio cristiano deve essere annunciato ad ogni uomo, perché Gesù è la verità dell’uomo.