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  • MESE MARIANO ANNO 2022
30 Apr2022

MESE MARIANO ANNO 2022

Pubblicato da Franco nella categoria Madonna, News, Papa

Il mese di maggio e le origini del Rosario: una preghiera che avvicina le persone

Inizia oggi il periodo dell’anno tradizionalmente dedicato alla Madonna. Ecco perché

Il mese di maggio è da sempre caratterizzato dalla spiritualità mariana. Un tempo in cui si moltiplicano i Rosari, sono frequenti i pellegrinaggi ai santuari, si sente più forte il bisogno di preghiere alla Vergine.  Soprattutto quest’anno segnato dalle atrocità della guerra in Ucraina.

Già nell’antica Grecia e nell’antica Roma il mese di maggio era dedicato alle dee pagane collegate alla fertilità e alla primavera, ovvero Artemide e Flora. Molte culture occidentali consideravano il mese di maggio un mese in cui celebrare la nascita, la vita e la maternità.

Non è un caso che in molti Paesi ricorra in questo mese la Festa della Mamma, una ricorrenza civile, non religiosa. In Italia cade la seconda domenica di maggio come in gran parte degli Stati europei ed extraeuropei.

Perché maggio è il mese di Maria

Tornando alla definizione di mese di Maria, ai tempi della Chiesa delle origini si fanno risalire prove dell’esistenza di una grande festa in onore della Beata Vergine Maria, che veniva celebrata il 15 maggio di ogni anno, tuttavia solo nel XVIII secolo il mese di maggio è stato associato alla Madonna.

Secondo la Catholic Encyclopedia: «La devozione di maggio nella sua forma attuale ha avuto origine a Roma, dove padre Latomia del Collegio Romano della Compagnia di Gesù, per contrastare l’infedeltà e l’immoralità diffuse tra gli studenti, fece alla fine del XVIII secolo il voto di dedicare il mese di maggio a Maria. Da Roma la pratica si diffuse agli altri collegi gesuiti e da lì a quasi ogni chiesa cattolica di rito latino». Dedicare un mese intero a Maria non era una cosa nuova e c’era una tradizione precedente con un periodo di trenta giorni dedicato alla Vergine, chiamata Tricesimum.

Annibale Dionisi e il mese consacrato a Maria

L’indicazione di maggio come mese di Maria lo dobbiamo ad un gesuita: Annibale Dionisi. Un religioso di estrazione nobile, nato a Verona nel 1679 e morto nel 1754 dopo una vita, a detta dei confratelli, contrassegnata dalla pazienza, dalla povertà, dalla dolcezza. Nel 1725 Dionisi pubblica a Parma con lo pseudonimo di Mariano Partenio “Il mese di Maria o sia il mese di maggio consacrato a Maria con l’esercizio di vari fiori di virtù proposti a’ veri devoti di lei”. Tra le novità del testo l’invito a praticare la devozione mariana nei luoghi quotidiani, nell’ordinario, non necessariamente in chiesa «Per santificare quel luogo e regolare le nostre azioni come fatte sotto gli occhi purissimi della Santissima Vergine». Lo schema da seguire è semplice: preghiera davanti all’immagine della Vergine, meditazione sui misteri eterni, fioretto o ossequio, giaculatoria. Negli stessi anni, per lo sviluppo della devozione mariana, sono importanti anche le testimonianze dell’altro gesuita, padre Alfonso Muzzarelli, che nel 1785 pubblica “Il mese di Maria o sia di Maggio” e di don Giuseppe Peligni.

Nascita delle pratiche mariane legate al mese di maggio

Le prime pratiche devozionali legate in qualche modo al mese di maggio risalgono al Medioevo, ai filosofi di Chartres nel 1100 e ancora di più al XIII secolo, quando Alfonso X detto il saggio, re di Castiglia e Leon, in “Las Cantigas de Santa Maria”, celebrava Maria come: «Rosa delle rose, fiore dei fiori, donna fra le donne, unica signora, luce dei Santi e dei cieli (…)». Di lì a poco il beato domenicano Enrico Suso di Costanza mistico tedesco vissuto tra il 1295 e il 1366 nel Libretto dell’eterna sapienza si rivolgeva così alla Madonna: «Sii benedetta tu aurora nascente, sopra tutte le creature, e benedetto sia il prato fiorito di rose rosse del tuo bei viso, ornato con il fiore rosso rubino dell’Eterna Sapienza!». Ma il Medioevo vede anche la nascita del Rosario, il cui richiamo ai fiori è evidente sin dal nome. Siccome alla amata si offrono ghirlande di rose, alla Madonna si regalano ghirlande di Ave Maria.

San Filippo Neri e la confraternita della “Comunella

In questo senso, nel XVI secolo, a Roma, San Filippo Neri insegnava ai suoi giovani a circondare di fiori l’immagine della Madre, a cantare le sue lodi, a offrire atti di mortificazione in suo onore. Un altro balzo in avanti e siamo nel 1677, quando il noviziato di Fiesole, fondò una sorta di confraternita denominata “Comunella”. Riferisce la cronaca dell’archivio di San Domenico che «Essendo giunte le feste di maggio e sentendo noi il giorno avanti molti secolari che incominiciava a cantar meggio e fare festa alle creature da loro amate, stabilimmo di volerlo cantare anche noi alla Santissima Vergine Maria…». Si cominciò con il Calendimaggio, cioè il primo giorno del mese, cui a breve si aggiunsero le domeniche e infine tutti gli altri giorni. Erano per lo più riti popolari semplici, nutriti di preghiera in cui si cantavano le litanie e s’incoronavano di fiori le statue mariane. Parallelamente si moltiplicavano le pubblicazioni. Alla natura, regina pagana della primavera, iniziava a contrapporsi la Regina del cielo.

Diffusione della devozione mariana nel mese di maggio

Presto si diffusero nel mese di maggio varie devozioni private a Maria. Papa Pio VII, per esortare tutti i cristiani alla pratica di una devozione così gradita alla beatissima Vergine e ritenuta di tanto beneficio spirituale, ha concesso con un Rescritto della Segreteria dei Memoriali del 21 maggio 1815 (conservato nella Segreteria di sua eminenza il cardinal-vicario) a tutti i fedeli del mondo cattolico di onorare in pubblico o in privato la Beata Vergine con qualche omaggio speciale o preghiere devote o altre pratiche virtuose. Il resto è storia recente. La devozione mariana passa per la proclamazione del Dogma dell’Immacolata concezione (1854), cresce grazie all’amore smisurato per la Vergine di Santi come don Bosco e si alimenta del sapiente magistero dei Papi. Nel 1945 Pio XII ha avvalorato l’idea di maggio come mese mariano, fissando la festa di Maria Regina il 31 maggio. Dopo il Concilio Vaticano II questa festa è stata spostata al 22 agosto, mentre il 31 maggio si celebra la festa della Visitazione di Maria.

Paolo VI e l’enciclica Mense Maio

Nell’enciclica Mense Maio del 29 aprile 1965, Paolo VI indica maggio come «Il mese in cui, nei templi e fra le pareti domestiche, più fervido e più affettuoso dal cuore dei cristiani sale a Maria l’omaggio della loro preghiera e della loro venerazione. Ed è anche il mese nel quale più larghi e abbondanti dal suo trono affluiscono a noi i doni della Divina Misericordia». Nessun fraintendimento però sul ruolo della Vergine nell’economia della salvezza, «giacché Maria – scrive ancora papa Montini – è pur sempre strada che conduce a Cristo. Ogni incontro con lei non può non risolversi in un incontro con Cristo stesso». Un ruolo, una presenza, sottolineato da tutti i Santi, senza che questo diminuisca la sua venerazione. Nel “Trattato della vera devozione a Maria”, San Luigi Maria Grignion de Montfort scrive: «Dio Padre riunì tutte le acque e le chiamò mària (mare); riunì tutte le grazie e le chiamò Maria».

Il mese di maggio e le origini del Rosario

Trattando della devozione a Maria, viene subito in mente il Rosario. Dedicati al Rosario, si contano, dal 1478 ad oggi, oltre 200 documenti pontifici. L’interesse della Chiesa denota l’importanza che questa antichissima preghiera ha sempre avuto nel popolo dei fedeli. All’origine di questa antica preghiera vi sono i 150 Salmi che, solitamente, venivano recitati, a memoria, dagli eremiti e nei monasteri. I versi si perdono nel silenzio della polvere del tempo, lasciando un segno negli animi dei cantori. E nei nostri. Con il passare degli anni, però, si comprese la difficoltà (oggettiva, tra l’altro) di imparare a memoria tutti questi versetti. Verso l’850, un monaco irlandese suggerì di recitare, al posto dei Salmi, 150 Padre Nostro. Per contare le preghiere i fedeli avevano vari metodi, tra cui quello di portare con sé 150 sassolini. Ma, ben presto, si passò all’uso delle cordicelle con 50 o 150 nodi, la cui diffusione viene fatta risalire già a Sant’Antonio Abate e San Pacomio, nei secoli III-IV. Come forma ripetitiva, si iniziò ad utilizzare anche il Saluto dell’Angelo a Maria, quindi la prima parte dell’Ave Maria. Nel XIII secolo, i monaci cistercensi svilupparono una nuova forma di preghiera che chiamarono Rosario, comparandola ad una corona di rose mistiche donate alla Madonna. A questa devozione, si aggiunse tra l’altro l’usanza di mettere una vera e propria corona di rose sulle statue della Vergine: queste rose erano appunto il simbolo delle preghiere più “belle” e “profumate” rivolte a Maria.

San Domenico e la coroncina del Rosario

La preghiera del Rosario fu resa popolare dal fondatore dell’Ordine dei Predicatori, San Domenico di Guzmán, che nel 1212 ricevette la coroncina del Rosario dalla Vergine Maria come strumento per aiutare i cristiani nella lotta contro le eresie. Il domenicano bretone Alano della Rupe (Plouër-sur-Rance, 1428 – Zwolle, 8 settembre 1475) narra che San Domenico fu catturato, con il suo compagno Bernardo, sulle coste della Spagna. Per tre mesi, così vuole il racconto, fu sottomesso ai suoi rapitori: durante questo periodo fu posto al remo di una nave. Avvenne una tempesta che mise in pericolo l’intero equipaggio. La nave era vicina ormai al naufragio. San Domenico aveva esortato, invano, i suoi carcerieri a far penitenza e ad invocare il nome di Gesù e Maria per ottenere la salvezza. E così, per l’ostinazione e il disprezzo verso le esortazioni del Santo, la tempesta si fece ancor più minacciosa. Il pericolo che la nave affondasse si fece sempre più imminente. Eppure, le preghiere di San Domenico furono accolte in Cielo. In questo contesto si inserisce la famosa visione della Vergine Maria che parla direttamente al Santo fondatore dell’Ordine domenicano. L’equipaggio della nave fu salvo. In cambio, la Vergine Maria chiese di recitare ogni giorno 150 Ave Maria e 15 Pater Noster. Era la prima conversione del cuore che la recita del Rosario aveva realizzato.

I Misteri del Rosario

Sempre nel XIII secolo si svilupparono i “Misteri”. Numerosi teologi avevano già da tempo considerato che i 150 Salmi contengono velate profezie sulla vita di Gesù. Dallo studio dei Salmi si arrivò ben presto all’elaborazione dei salteri di Gesù Cristo, nonché alle lodi dedicate a Maria. Si svilupparono, così, ben quattro diversi salteri: 150 Padre Nostro, 150 Saluti Angelici, 150 lodi a Gesù e, infine, 150 lodi a Maria. Il Rosario, pian piano, cominciava a “prendere forma”. Solo verso il 1350 si arrivò alla compiutezza dell’Ave Maria così come la conosciamo oggi: al Saluto dell’Angelo dell’Annunciazione a Maria ed a quello della cugina Elisabetta, si aggiunse un’altra parte di preghiera, a completamento: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”.

All’inizio del XIV secolo, i cistercensi inserirono in questo embrionale Rosario alcune “clausole” dopo il nome di Gesù: l’intento di contemplare Gesù, attraverso questa preghiera dedicata a Maria, si sviluppava sempre più. Verso la metà del XIV secolo, Enrico Kalkar, un monaco della certosa di Colonia, introdusse, prima di ogni decina alla Madonna, il Padre Nostro.

All’inizio del XV secolo, fu Domenico Hélion di Trèves, detto il Prussiano, a sviluppare un Rosario in cui il nome di Gesù compariva in 50 “clausole” che ne ripercorrevano la vita. Sempre grazie a Domenico il Prussiano arriviamo (intorno al 1435-1445) alla struttura che meglio si avvicina a quella che conosciamo oggi: le 150 clausole vengono divise in tre sezioni corrispondenti ai Vangeli dell’infanzia di Gesù, della vita pubblica e della Passione-Risurrezione.

Nel 1470, troviamo un’ulteriore trasformazione: il già citato domenicano Alano della Rupe crea la prima “Confraternita del Rosario” facendo diffondere rapidamente questa forma di preghiera: riduce a 15 i Misteri, suddividendoli in Gaudiosi, Dolorosi e Gloriosi. Questo passaggio è particolarmente importante, poiché in tal modo la recitazione delle preghiere andava oltre l’ambito della devozione individuale e acquisiva una dimensione autenticamente ecclesiale. Ancora in un’epoca successiva, nel 1569, papa Pio V definì l’esatta successione dei quindici Misteri del Rosario, partendo dall’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria e terminando con l’incoronazione di Lei in cielo.

Sarà poi papa Giovanni Paolo II, nel 2002, a introdurre i cinque Misteri “della luce”. Come spiegava Wojtiła nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, lo scopo di questa integrazione era di «Potenziare lo spessore cristologico del Rosario», portandolo a comprendere anche «I misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione».

Il Rosario in età moderna

Da quando è nato il Rosario ha avvicinato le persone, alla parola di Dio e ai grandi eventi della storia della redenzione narrati nella Sacra Scrittura mediante un linguaggio popolare. In un tempo in cui le celebrazioni liturgiche non erano comprensibili da tutti, poiché avvenivano in latino, le preghiere rivolte alla Madre di Dio assolvevano anche il compito di ravvivare e radicare la fede cristiana nella sensibilità popolare. Nell’Ottocento e nel Novecento vi è stata una serie di apparizioni mariane che ha contribuito alla diffusione di questa preghiera: a Fatima, tra l’altro, la Madonna apparve ai pastorelli Lucia, Giacinta e Francisco tenendo in mano un rosario. Anche papa Francesco, nell’Evangelii Gaudium, ribadendo l’autentica «Qualità teologale» della pietà popolare, va con il pensiero «Alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato, che si afferrano a un Rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo».

Il Rosario recitato in famiglia

La pia tradizione di recitare il Rosario è sempre stata una caratteristica delle famiglie cristiane. Dopo una giornata d’intenso lavoro, raccolti nella quiete serena delle pareti domestiche, genitori e figli si riunivano intorno ad un’immagine della Vergine Santa per pregare il santo Rosario. Gli anziani innalzavano la loro preghiera nel pieno della loro maturità, i fanciulli imparavano, pregando, ad amare la famiglia, prima chiesa domestica. E la benedizione di Maria pioveva abbondante sui cuori di tutti. Il Rosario in famiglia era uno degli atti più solenni e preziosi della vita familiare.
Con la recita del santo Rosario, la famiglia cristiana, sull’esempio di quella di Nazareth, diventa una dimora di santità e una scuola efficacissima di vita cristiana. La considerazione dei misteri della Redenzione, infatti, insegna agli adulti a specchiarsi quotidianamente negli esempi di Gesù e Maria nella vita domestica di Nazareth (misteri gaudiosi), a ricavare da Loro conforto nelle avversità (misteri dolorosi) e a tendere costantemente verso i beni celesti, cercando sempre “le cose di lassù” (misteri gloriosi). Il Rosario, inoltre, porta i piccoli a conoscere le principali verità delle fede, facendo germogliare nelle loro anime, quasi naturalmente, la carità verso il Redentore.

Il Rosario nel magistero dei Papi

Il Rosario, ritenuto dai Papi come “compendio del Vangelo”, è certamente uno degli elementi portanti dell’identità spirituale del cattolicesimo romano. Il rosario, corona della Vergine o salterio mariano, si inserisce a vario titolo e modo nel dialogo ecumenico, nell’agone politico, nella predicazione e nella catechesi.

Pio XII e l’Enciclica Ingruentium malorum

L’invito a recitare il Rosario, soprattutto nel mese di maggio, viene dall’Enciclica Ingruentium malorum del 1951. Pio XII scriveva: «È soprattutto in seno alla famiglia che Noi desideriamo che la consuetudine del santo Rosario sia ovunque diffusa, religiosamente custodita e sempre più sviluppata. Invano, infatti, si cercherà di portare rimedio alle sorti vacillanti della vita civile, se la società domestica, principio e fondamento dell’umano consorzio, non sarà ricondotta alle norme dell’Evangelo. Per ottenere un compito così arduo, Noi affermiamo che la recita del santo Rosario in famiglia è un mezzo quanto mai efficace».

Papa Paolo VI e l’esortazione apostolica Marialis Cultus

Anche papa Paolo VI attribuiva una straordinaria importanza al Rosario recitato in famiglia: «Non v’è dubbio che la Corona della Beata Vergine Maria sia da ritenere come una delle più eccellenti ed efficaci “preghiere in comune” che la famiglia cristiana è invitata a recitare. Noi amiamo, infatti, pensare e vivamente auspichiamo che, quando l’incontro familiare diventa tempo di preghiera, il Rosario ne sia l’espressione più gradita» (Marialis Cultus).

Papa Giovanni Paolo II e la lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae

San Giovanni Paolo II, che molte foto ritraggono con la corona del Rosario in mano, ci ricorda: «il Rosario è anche, da sempre, preghiera della famiglia e per la famiglia. Un tempo questa preghiera era particolarmente cara alle famiglie cristiane, e certamente ne favoriva la comunione. Occorre non disperdere questa preziosa eredità. Bisogna tornare a pregare in famiglia e a pregare per le famiglie, utilizzando ancora questa forma di preghiera. La famiglia che prega unita, resta unita. Il santo Rosario, per antica tradizione, si presta particolarmente ad essere preghiera in cui la famiglia si ritrova. I singoli membri di essa, proprio gettando lo sguardo su Gesù, recuperano anche la capacità di guardarsi sempre nuovamente negli occhi, per comunicare, per solidarizzare, per perdonarsi scambievolmente, per ripartire con un patto di amore rinnovato dallo Spirito di Dio. A questa preghiera è anche bello e fruttuoso affidare l’itinerario di crescita dei figli. Pregare col Rosario per i figli, e ancor più con i figli, educandoli fin dai teneri anni a questo momento giornaliero di sosta orante della famiglia, non è, certo, la soluzione di ogni problema, ma è un aiuto spirituale da non sottovalutare».

Riscoprire la preghiera del Rosario

Da qui l’urgenza di riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana.

«O Rosario benedetto di Maria, catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo di amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più. Tu ci sarai conforto nell’ora dell’agonia. A te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti. Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra e in cielo» (Rosarium Virginis Mariae).
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