San Francesco Saverio Maria Bianchi
LUCE E SPERANZA IN UN TEMPO DI CRISI
Credo che sia stata un’ottima iniziativa, da parte della Consulta provincializia, voler riproporre, in occasione dell’Anno sacerdotale, la figura di san Francesco Saverio Maria Bianchi. Forse, durante questo anno (che si avvia alla sua conclusione), noi sacerdoti ci siamo concentrati quasi esclusivamente su san Giovanni Maria Vianney: certamente focalizzarsi sul Curato d’Ars non può che averci fatto bene; ma non possiamo dimenticare che, accanto a lui, esiste una miriade di santi sacerdoti a cui volgere il nostro sguardo. Fra questi, come Barnabiti, non possiamo ignorare il nostro confratello arpinate, che si pone innanzi a noi non solo come una gloria di cui andar fieri, ma anche e soprattutto come un modello da imitare. Si tratta di una figura straordinaria, per alcuni versi paragonabile, ai nostri giorni, con quella di Padre Pio, ma con un destino totalmente diverso: mentre il Santo di Pietrelcina è conosciuto da tutti e il suo culto è diffuso in ogni parte del mondo, il Bianchi è pressoché ignoto al di fuori della ristretta cerchia dei concittadini e dei confratelli (e anche fra questi la conoscenza è spesso piuttosto limitata). Penso che sia l’unico iscritto all’albo dei santi che, al momento, non possa vantare neppure una chiesa dedicata al suo nome, né nella sua città natale, né in questa città (dove è vissuto ed è morto e che pure lo venera come il suo “apostolo”), né nella sua Congregazione. Forse meriterebbe un po’ piú di attenzione.